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Over the Game

Risate e guerra fredda

La commedia come antidoto contro la paura del terzo conflitto mondiale. Fra satira e commedia del grottesco, un viaggio attraverso i film che hanno ucciso il terrore atomico a colpi di risate.

“Il riso uccide la paura, e senza la paura non ci può essere la fede. Senza paura del demonio non c'è bisogno del timore di Dio” con questa citazione tratta da ‘Il nome della rosa’ di Umberto Eco apriamo il terzo e ultimo articolo dedicato allo scoppio di un terzo conflitto mondiale, che negli ultimi tempi è tornata a serpeggiare per il mondo.

Per gli episodi precedenti si leggano ‘Cronache del dopobomba’ e ‘La terza guerra mondiale vista da Hollywood’. Nei primi due articoli abbiamo trattato quei film dove la paura per un conflitto atomico e le sue conseguenze veniva espressa in maniera drammatica e fatalista, al fine di ammonire le masse e i potenti sull’inutilità di un olocausto nucleare.

In questo articolo, invece, tratteremo quei film che sono riusciti a far dimenticare la grande paura della guerra fredda a colpi di risate e pungente satira sociale. Al giorno d’oggi la paura è diventata l’elemento dominante di ogni telegiornale e dibattito televisivo, e sembra quasi impossibile da sconfiggere con la logica e il buon senso; i seguenti film, vi insegneranno a sconfiggere il timore insinuato dai media, con l’aiuto di personaggi bizzarri e situazioni ai limiti del grottesco; poiché il sistema migliore per vincere una guerra è vincere la paura di essa, ecco a voi sei film che sono riusciti nell’intento di sdrammatizzare il pericolo nucleare con il potere della risata e della beffa.

Atomicofollia
Due amici, Barnaby "Blix" Waterberry e Stan Cooper, armati di contatori geiger e attirati dall'idea di un facile guadagno, vanno in giro per i deserti americani in cerca di uranio. Giunti nelle vicinanze di una casa isolata, le strumentazioni impazziscono e Barnaby, convinto di aver scoperto un ricco giacimento, decide di restare a guardia del luogo mentre Stan si reca in città per comprare l'appezzamento. In realtà il rifugio è stato allestito dalle forze armate per testare un nuovo ordigno atomico. Quando la bomba esplode, Barnaby rimane miracolosamente illeso, ma le conseguenze delle radiazioni producono sul suo corpo degli stranissimi effetti: simile ad una centrale nucleare vivente, sprizza energia e scariche radioattive ad ogni brusco movimento. Il fenomeno, presto pubblicizzato dalla stampa, interessa una potenza straniera che incarica una spia di catturare il "ragazzo atomico". Negli anni cinquanta con l’avvento dell’era atomica, ebbe inizio una nuova febbre dell’oro, che spinse molti avventurieri alla ricerca di giacimenti di uranio per le neonate centrali nucleari e per la crescente corsa agli armamenti atomici. Nel 1954, il regista Leslie H. Martinson decise di sviluppare un film sull’argomento, partendo da un soggetto scritto da Blake Edwards (futuro regista de ‘La Pantera Rosa’). Inizialmente per i due protagonisti principali, vennero presi in considerazione Bud Abbott e Lou Costello (meglio noti come Gianni e Pinotto), i quali declinarono l’invito poiché già impegnati in altri progetti. Dopo molto girovagare, la sceneggiatura fini sulla scrivania dell’attore Mickey Rooney, il quale oltre ad accettare il ruolo da protagonista, si offri anche di produrre il film. ‘Atomicofollia’ è una semplice satira politica, volta a tranquillizzare il pubblico americano sul pericolo delle radiazioni atomiche; ma ciò non bastò a far decollare la pellicola. Nonostante la bravura di Rooney e della spalla comica Robert Strauss, il film non riscosse il successo sperato al botteghino. La comicità, chiaramente pensata per la coppia Gianni e Pinotto, nelle mani Rooney diventa piatta e stereotipata, e a tratti un po' tediosa. Al giorno d’oggi il film di Martinson è considerato un piccolo cult dell’era atomica; non un grande successo, ma un primo tentativo di minimizzare la paura causata dalla onnipresente minaccia nucleare che caratterizzo il periodo.

Il ruggito del topo
Il minuscolo Ducato di Grand Fenwick, piccolissimo stato europeo, fondato da un baronetto inglese, situato da qualche parte nelle Alpi francesi, la cui economia è fondata sull'esportazione dell'omonimo vino, viene ridotto in rovina dall'entrata in commercio di una fortunata imitazione Californiana. Il Primo Ministro Conte Rupert di Mountjoy escogita l'ingegnosa idea di dichiarare guerra agli Stati Uniti, per perderla rapidamente e poi "vincere la pace", cioè sfruttare la grande generosità dei vincitori, già dimostrata dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel sovvenzionare gli sconfitti. A questo scopo viene quindi inviato un esercito di soli venti uomini, guidati dall'ingenuo Tully Bascombe e dotati di improbabili armi medievali, a invadere gli Stati Uniti. Ma quando questi giungono con uno scalcinato battello a New York, trovano la città completamente deserta a causa di un'esercitazione antiatomica; non trovando nessuno da cui farsi respingere, per potersene tornare a casa felicemente sconfitti, si imbattono invece casualmente nel Professor Kokintz, che sta lavorando alla creazione della bomba Q, una micidiale arma che da sola può distruggere tutta l'America del nord e in parte quella del sud, e quindi può decidere l'esito della guerra a favore di Grand Fenwyck invece che degli Stati Uniti. Quindi dopo essersi impadroniti della bomba, rapiscono il professore, sua figlia Helen, catturano un generale e i suoi agenti di scorta, e ritornano a casa con i prigionieri da vincitori. Il ducato diventa così il più potente stato del mondo e viene corteggiato da Unione sovietica, Cina, Francia, che si impegnano a difenderlo insieme a tantissime altre nazioni, mentre la Gran Bretagna oltre alla difesa lo invita ad aderire al Commonwealth. Gli Stati Uniti non possono così intervenire militarmente, portando il mondo intero in una situazione di stallo dagli esiti incerti. Nel 1959, il regista Jack Arnold (noto per aver diretto ‘Il mostro della laguna nera’) stanco delle produzioni fantahorror a sfondo atomico, decise di accettare la proposta del piccolo studio inglese Open Road Films, per adattare un controverso e alquanto divertente romanzo di Leonard Wibberley. Nonostante l’idea originale, la pellicola di Arnold non è un buon adattamento della fonte letteraria di partenza; molta della comicità del romanzo si perde lungo la strada, sommersa da gags alla Fratelli Marx e da una feroce critica alle politiche economiche e militari statunitensi. Il vero perno centrale su cui ruota l’intero film, risiede principalmente nella triplice interpretazione dell’attore britannico Peter Sellers, il quale grazie alle sue grandi capacità trasformistiche da vita a ben tre personaggi principali differenti. Questo asso nella manica però, non viene sfruttato a pieno dal regista e dalla sceneggiatura; i personaggi interpretati da Sellers risultano stereotipati e privi di spessore, il che non aiuta la storia già ridotta all’osso dagli sceneggiatori. Ciò nonostante, il film di Jack Arnold è considerato un must della satira socio-politica del suo tempo; un film che si trasforma in un piccolo grande cult che, bombardando delle terribili verità con il sarcasmo, muta il proprio squittìo in un unico grande ruggito.

Il dottor Stranamore - Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba
Un generale americano psicopatico, che fa parte dell'alto comando strategico dell'aeronautica, dà ordine a una squadriglia di aeroplani, attrezzati per il trasporto di bombe atomiche, di volare per un'azione contro l'Unione Sovietica. Subito dopo si chiude nella base e quindi tutti, compreso il presidente degli Stati Uniti, sono impossibilitati a intervenire. Sia gli alti ufficiali americani sia i massimi esponenti sovietici, tentano di fermare la minaccia di una guerra nucleare. Dopo aver scandalizzato il pubblico americano con l’adattamento di ‘Lolita’ di Vladimir Nabokov, il grande maestro del cinema Stanley Kubrick decise di adattare un altro romanzo contemporaneo che stava facendo scalpore negli ambienti politici e sociali. Pubblicato nel 1958, il romanzo ‘Red Alert’ di Peter George, è considerato ancora oggi uno dei migliori romanzi satirici del ventesimo secolo; la sua parabola antimilitarista e antifallocratica, non ha mai smesso di corrodere i sistemi tecnomiltari di tutto il mondo. Nel romanzo (così come nel film) si critica soprattutto il fanatismo ideologico americano, perfettamente incarnato dal generale Ripper, un uomo infarcito di propaganda anti-sovietica fino al midollo e convinto di essere l’unico in grado di fermare l’assurdo complotto comunista che minaccia gli Stati Uniti. Come ne ‘Il ruggito del topo’, anche in questo film Peter Sellers interpreta tre personaggi contemporaneamente; ma a differenza del primo dove i tre personaggi sono stereotipati e privi di una vera personalità, i protagonisti principali del secondo, sono ben delineati e con una forte personalità, che li rende unici e ben distinti dagli altri. Fra i tre personaggi, quello del dottor Stranamore è il più riuscito di tutti: uno scienziato ex nazista (ispirato alla figura di Wernher von Braun) tetraplegico, dall’animo cinico ed estremamente razionalista; il suo momento più intenso, è verso le battute finali del film: quando si mette a fare un discorso macabro e delirante su come l’umanità potrebbe salvarsi, mentre è in preda agli attacchi spastici. Con il suo umorismo nero e la sua leggerezza con cui affronta delle tematiche scottanti, il film di Kubrick incolla lo spettatore allo schermo, e lo costringe a riflettere sulle debolezze dell’uomo e sulla guerra, sul fatto che basta un singolo individuo per scatenare la definitiva distruzione dell’umanità, senza che nessuno possa fare qualcosa per impedirlo.

Arrivano i russi, arrivano i russi
Durante la guerra fredda un sottomarino sovietico si arena per sbaglio nei pressi di una piccola isola sulla costa orientale degli Stati Uniti. Alcuni membri dell'equipaggio scendono a terra per cercare una barca, allo scopo di rimorchiare il sottomarino fuori dalle secche, ma vengono scambiati per invasori scatenando involontariamente il panico. Gli abitanti dell'isola si organizzano alla meglio per fronteggiare la presunta invasione, in un susseguirsi di gag e situazioni divertenti al limite dell’assurdo. La xenofobia, la paura immessa da una situazione politica regressa, i cittadini americani che entrano in contatto con problemi più grossi di loro, venendo messi a confronto con la realtà spicciola. Queste sono le tematiche principali affrontate dal regista Norman Jewison, in un’esilarante commedia sulla paranoia di uno sbarco nemico serpeggiante negli anni sessanta. Nelle quasi due ore di film, Jewison allestisce un simpatico teatrino dove le ansie e le paure americane per il pericolo Sovietico vengono ridicolizzate e sbeffeggiate nella grande tradizione della farsa e del teatro del grottesco. L’atmosfera che pervade il film è molto ironica e ipercritica nei confronti dei cittadini americani presi dal panico a causa di un nemico con cui non entrano mai in contatto direttamente; gli unici con cui i russi entrano in contatto diretto, sono la famiglia media composta da Walt Whittaker (interpretato da Carl Rainer), sua moglie e i sui due figli. Walt è l’unico che comprende l’equivoco, ed è l’unico che potrebbe fermare l’ondata di panico montata in città, ma in questa parte il regista espone la sua critica più feroce alla propaganda antisovietica americana: Walt prova a spiegare la situazione alla popolazione dell’isola, ma viene continuamente ostracizzato e mal interpretato da essi, ormai isterici e incontrollati a causa della paura scatenata da un'invasione che non c’è. Al giorno d’oggi, il film di Norman Jewison è più attuale che mai; una folle parabola su un pericolo ingigantito dall’isteria di massa che non vuole sentire le ragioni del singolo soggetto, poiché diverse dal pensiero dominante e il più delle volte mal interpretate dal pregiudizio e dai luoghi comuni di una società prevalentemente chiusa in se stessa e incapace di guardare oltre il dito che indica il cielo.

I cinesi a Parigi
La Cina ha invaso la Francia e tutta l’Europa Orientale senza incontrare alcuna resistenza. L’occupazione capitanata dal generale Pou-Yen, lavora alla costituzione di un nuovo governo, basato sull’austerità morale e sul rovesciamento dell’economia capitalistica. Le autorità, il Clero e la stampa, si affrettano ad eseguire le direttive impartite, ma si scontrano con la resistenza della popolazione parigina, poco avvezza ad accettare la durezza dei cinesi. Nel 1974, l'attore-regista Jean Yanne, usciva al cinema con un film che sarebbe passato inosservato al pubblico e alla critica, ma che si rivelerà più attuale che mai ai giorni nostri. Specialista di un umorismo mordace, aggressivo e volgare in stile ‘Harakiri’ (celebre rivista satirica del periodo), l'attore-regista tira al bersaglio contro tutto e tutti, senza risparmiarsi le inevitabili frecciate al governo e alle alte istituzioni francesi; oltre a questo, nel film è quasi impossibile non notare il parallelismo tra passato e presente; infatti sono molte le situazioni dove i fantasmi dell’occupazione nazista vengono rievocati nell’attuale contesto fantapolitico: la fuga del governo all’arrivo degli invasori, il collaborazionismo delle principali istituzioni francesi con l’esercito occupante, e gli attentati dinamitardi della resistenza nei confronti del nemico straniero, sono solo alcuni degli esempi che legano i drammi del passato con il disorientamento delle coscienze tipico della rivoluzione post-sessantotto; questo schema permette al regista di muovere un’aspra critica nei confronti della società francese del periodo, accusandola di essere troppo permissiva e malleabile nei confronti delle ideologie, specie quando ci sono di mezzo degli interessi economici e sociali che fanno dimenticare i valori su cui la repubblica è stata fondata. Grazie a una comicità tipicamente francese e a uno spiccato senso della satira goliardica, il film di Yanne risulta di un’attualità impressionante ancora oggi, dove i valori democratici ed europei vengono messi in continua discussione dalla superpotenza di turno, che con il suo potere militare ed economico mina costantemente la stabilità europea.

Soluzione finale
Harry è un musicista innamorato di Julie una ragazza che lavora in un locale dove per chiamare le ragazze si usano i telefoni; un giorno intercetta per caso una chiamata che annuncia un imminente attacco nucleare; da questo momento per il protagonista incomincia una corsa contro il tempo che gli farà incontrare sulla sua strada diversi personaggi bizzarri, nel tentativo di avvertire la gente dell'imminente catastrofe. Particolarissimo e misconosciuto film, difficile da inquadrare ma di sicura presa sullo spettatore. Inizia come una normalissima commedia sentimentale, poi tutto cambia e si entra in un film alla Martin Scorsese (impossibile non fare il paragone con l’iconico ‘Fuori orario’). Dal momento della svolta narrativa, infatti, i ritmi si mantengono sempre alti, senza lasciare tregua. Harry è un moderno personaggio alla Franz Kafka, che si trova involontariamente coinvolto in qualcosa di più grande di lui, lanciato verso un escalation di eventi grotteschi che culminano in un finale inaspettato. ‘Soluzione finale’ è uno di quei rari esempi di commistione dei generi (commedia romantica e fantapolitica) che funziona alla perfezione; uno struggente e tragicomico assolo, che si conclude con un finale spiazzante colmo di poetica e retorica anti-bellica, volto a sensibilizzare lo spettatore sull’insensata follia di un conflitto nucleare e sul fatto che se dovesse accadere veramente è meglio non farsi prendere dal panico.

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