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Il bastian contrario

Contro il giustizialismo italiano: il caso Toti

Il caso che ha scosso la politica e la cronaca italiane nelle ultime settimane scoperchia una realtà preoccupante: non sarebbe bastato un semplice avviso di garanzia? Un caso di giustizialismo esagerato e quasi anticostituzionale.

Sono ancora nitide le immagini, passate gli scorsi giorni su ogni telegiornale, del Governatore della Regione Liguria, Giovanni Toti, scortato, manette ai polsi, dalla guardia di finanza verso la Procura di Genova dopo il bliz dalle Fiamme gialle martedì 7 maggio. Allo stesso modo è ancora fresca la notizia del suo fermo e della richiesta di arresti domiciliari avanzata dalla Direzione distrettuale antimafia con l’accusa di corruzione connessa ad alcune presunte tangenti ricevute negli anni passati. Quello che non è per niente chiaro (ma in un paese come questo siamo abituati a scambiare il garantismo per un gargarismo) è la ragione per cui una persona, per il solo fatto di essere accusata, debba essere immediatamente giudicata colpevole dalla stampa e dalla pubblica piazza; trattata come un criminale; ritenuta tanto meritevole di un’etichetta, che mai più sarà in grado di togliersi. La missione della Guardia di Finanza, svoltasi all’alba del 7 maggio (neanche fossimo davanti ad un pluripregiudicato pericoloso), è tanto sproporzionata, quanto figlia di un sentimento comune che aleggia (e deve preoccupare) in questo paese, dove si è sempre colpevoli fino a prova contraria. La richiesta della Procura genovese, a ben vedere, è infatti risalente al dicembre 2023, ma è stata resa esecutiva soltanto cinque mesi più tardi: in quest’arco temporale qual è stato il rischio della reiterazione del reato o del possibile inquinamento delle prove per fatti o atti compiuti indietro negli anni? Se ammettiamo che possano passare cinque mesi dalla richiesta all’atto, oltre al tempo già trascorso dai presunti fatti, dobbiamo allora necessariamente concordare sul presupposto che non c’era nulla di così grave da richiedere un’operazione del genere, ma sarebbe stato sufficiente un avviso di garanzia. Il fatto che la politica si sia espressa auspicando, come ben sottolinea Filippo Facci su ‘Il Giornale’, che Toti possa ‘dimostrare la sua innocenza’ è sintomo grave del completo disinteresse verso l’art.27 della Costituzione Italiana e il suo importantissimo contenuto. Non stiamo mettendo in discussione soltanto l’arresto, ma tutto il retropensiero, che il giustizialismo italiano, ormai preponderante, si porta con sé: dai modi alle parole, dai tempi ai fatti. Il problema più grande è la difesa del diritto alla presunzione di innocenza; ogni giorno che accettiamo inermi atti o comportamenti come quelli accaduti a Toti compiamo un passo verso l’abisso, dal quale è poi difficile risalire.

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