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Attualità, Politica, Il bastian contrario

Biden-Trump: il futuro dell'America

5 novembre 2024. Sembra così lontano eppure è già dietro l’angolo, il giorno in cui i due leader di partito torneranno a sfidarsi per la Casa Bianca.

5 novembre 2024. Sembra così lontano eppure è già dietro l’angolo, il giorno in cui i due leader di partito torneranno a sfidarsi per la Casa Bianca. Mai come quest’anno, però, la tornata elettorale è carica di un significato che trascende la mera partita politica e coinvolge la solidità dell’intero Patto Atlantico in tutto il mondo. Dalla guerra in Ucraina in corso dal febbraio 2022, passando per le tensioni nei Balcani (Armenia-Azerbaijan, Kosovo-Serbia); guardando al Medio Oriente dove non corre buon sangue con l’Iran e Israele è coinvolto in una lunga offensiva militare contro il terrorismo di Hamas, ma è accerchiato, al tempo stesso, da nemici che lo osservano da vicino (Libano e Iran); risalendo verso l’Asia, dove al calo economico della Cina fa da contrappeso l’“attenzione” spregiudicata verso Taiwan e Hong Kong, che alimenta il declino delle relazioni geopolitiche tra potenze; e di nuovo l’inalterata instabilità della penisola coreana; il grave declino russo e le problematiche interne legate allo stato dell’economia e ai problemi sulla vendita dell’energia; l’emergere dell’india come principale player del nuovo secolo da gestire secondo strategie tutte da scrivere; il sud-America con i diffusi tentativi di salvataggio last minute delle economie nazionali (vedasi Milei in Argentina); e concludendo con la cara e vecchia Europa, asfissiata da un’economia stagnante, un debito in crescita ed un declino demografico esiziale. Il prossimo Presidente degli Stati Uniti d’America si troverà a guidare un paese, che naviga tra la certezza militare di essere ancora il leader di un ordine globale liberale e multipolare e la sensazione politica che il terreno sul quale esso esercita la propria leadership si stia sgretolando sotto i suoi piedi. Il prossimo Presidente degli Stati Uniti d’America dovrà forse gestire uno dei compiti più difficili dal post guerra fredda ad oggi: determinare se e in che misura gli USA sono ancora in grado – e hanno intenzione - di determinare l’ordine del sistema internazionale. Dovranno definirlo tenendo presente una domanda elettorale interna sempre più rivolta al disimpegno internazionale, sapendo però che per ogni passo indietro sullo scacchiere globale l’incremento della stabilità interna sarà più che compensato dalla genesi di nuovi conflitti esterni, alimentati dalla presunta sensazione di un disimpegno americano o di una sopraggiunta incapacità del più forte di mantenere l’ordine.

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