Come ogni cosa, se ci si ostina a vivere nella fantasia, quando la realtà presenta il conto, spesso capita che ci si faccia male.
Chi oggi segue la politica italiana o ancora più semplicemente legge gli articoli in questa rubrica sa quanto per chi scrive sia auspicabile, ora più che mai, un bagno di realismo all’intera schiera di attori, di primo ed ultim’ordine, che compongono il panorama italiano. Come ogni cosa, però, se ci si ostina a vivere nella fantasia, quando la realtà presenta il conto, spesso capita che ci si faccia male. E questo è quello che accade, ahimè ormai consuetudinariamente, allo stato italiano quando si avvicina il momento di presentare la manovra economica per l’anno successivo. La realtà, oggi ancora una volta, ci dice che non ci sono le risorse per far fronte - non a tutte, ma nemmeno ad una- alle promesse elettorali della maggioranza (sarebbe lo stesso per l’opposizione) e ci segnala quanto ormai l’offerta politica italiana rasenti l’immaginazione utopica - tra l’altro pure di scarsa qualità. Da un lato la domanda di riforme strutturali dell’elettorato è, infatti, inversamente proporzionale alla voglia di credere che gli asini possano volare; dall’altro, invece, il racconto di quanto sia bello e realizzabile mettere le ali agli asini raggiunge ogni anno un livello superiore. Questo mix è un circolo vizioso molto pericolo, poiché rende meno appetibili in termini di voti le misure necessarie, ma ad ogni rinvio le rende contemporaneamente più dolorose quando saranno applicate. La prima vera manovra meloniana si trova dunque a fare i conti con grossi nodi, puntualmente giunti al pettine del bilancio erariale. La politica del “gratuitamente” di contiana memoria o la sua evoluzione del “sulle spalle dello stato” (che poi sono i giovani di oggi), traducibili rispettivamente - a titolo di esempio- con il superbonus 110% e gli anticipi pensionistici, rappresentano oggi il vincolo principale nelle scelte di Meloni su come allocare le risorse. Prendendo ad esempio il Superbonus 110, infatti, il disavanzo generato tra costi e gettito è semplicemente abissale con l’Osservatorio su conti pubblici italiani dell’Università Cattolica che parla di un effetto sull’economia inferiore al 50% del costo in capo all’erario. Nonostante questo non si intravedono cambi di rotta all’orizzonte, nessuno vuole rimanere con il cerino in mano e una manovra restrittiva/razionale rimane un miraggio per menti lucide. “Non esistono pasti gratis”, suggeriva Milton Fridman, premio Nobel per l’economia; ricordarlo è gratis.