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Nuove licenze non risolveranno il problema dei taxi

Se ne parla da tempo, si fa finta di discuterne da anni, ma quest’estate l’ha certificato in maniera definitiva: l’Italia ha un grosso problema con i taxi.

Se ne parla da tempo, si fa finta di discuterne da anni, ma quest’estate l’ha certificato in maniera definitiva: l’Italia ha un grosso problema con i taxi. Le file fuori dagli aeroporti, dalle stazioni e dai principali snodi logistici (per turisti e non), le infinite (per lo più vane) telefonate alla ricerca di un mezzo, la scarsa fiducia verso i taxisti, i problemi con i pagamenti digitali, gli abusivi, i prezzi delle corse e la sicurezza, tutti questi elementi sono lì a dimostrare che qualcosa non va. E non è questione di discutere quanto sia strategico per un paese come il nostro avere una flotta di taxisti sufficiente a soddisfare la domanda di servizio legata all’afflusso di turisti, bensì di quanto il servizio risulti carente in termini generale, insufficiente anche alla sola domanda “nazionale” e costituisca una lobby, che rappresenta essa stessa una componente del problema. A Milano contiamo circa 4800 licenze a seguito dell’ultimo bando pubblicato dal Comune; da allora la popolazione è aumentata di quasi 100mila unità, mentre il numero di licenze è rimasto il medesimo (afflusso esterno escluso). A Roma si contano circa 7800 licenze per oltre 2 milioni e 800 mila residenti e il solo afflusso annuo di turisti nella capitale è stato stimato in 15 milioni di persone nel 2022. Non è mio intento avventurarmi in un conteggio di quante licenze sarebbero necessarie a garantire il servizio, in quanto è proprio soltanto allontanandosi da questa logica, che si può immaginare una soluzione. Non è quello che sta facendo il governo – purtroppo - seguito a ruota dal Sindaco di Milano Sala, il quale sta studiando una proposta di riforma a firma Salvini, che possa incrementare il numero delle licenze sul territorio, al fine di garantire il servizio. Insomma, aumentare i taxi in città per decreto. Non risolverà il problema. È difficile che il messaggio arrivi chiaro, anche a causa del forte potere di lobbying della categoria, tuttavia è bene ribadirlo: l’unica soluzione davvero efficace al problema non può che essere una completa liberalizzazione del servizio. Quello dei taxisti è un monopolio privato che impedisce a nuovi competitors di entrare; che ostacola la modernizzazione e rende improbabile l’incremento della qualità del servizio, il tutto abbracciando logiche corporative soltanto per finalità individuali. Come realizzato con il trasporto ferroviario e quello aereo, è ora davvero il momento di aprire completamente anche il mercato dei taxi: ben vengano Uber e nuovi player, perché si garantisca un servizio adeguato alla dimensione internazionale che il paese ambisce ad avere.

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