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Inveruno, Vanzaghello, Cultura, Sociale

‘Scandalizzarsi’ verso una società ‘distributiva’

‘Scandalizzarsi’ verso una società ‘distributiva’: una formula complessa per dire la ‘ricetta’ per una società migliore. Questa l’idea che è emersa alla presentazione del libro ‘A sua immagine? Figli di Dio con disabilità’ lo scorso giovedì 4 maggio.

L’obiettivo: una società non più ‘inclusiva’ ma ‘distributiva’. Il metodo: “Meno falegnameria, più scandalo”. Ovvero: “Smettiamola di istituire ‘tavoli di lavoro’ per ogni problema; piuttosto reimparimo a scandalizzarci, e accendiamo un dibattito costruttivo da questo scandalo”. Il punto di partenza: il dialogo dal basso.

Sono queste, in estrema sintesi, le tre principali idee sono state messe in campo per introdurre al contenuto del libro ‘A sua immagine? Figli di Dio con disabilità’, a cura di Alberto Fontana e Giovanni Merlo ed edito da La vita felice.

Il preziosissimo volume è stato presentato lo scorso giovedì 4 maggio nella Sala Virga della Biblioteca di Inveruno con un ‘incontro dibattito’ organizzato, nell’ambito della Civil Week 2023, dalla onlus Volare Insieme di Vanzaghello in collaborazione con LEDHA - Lega per i diritti delle persone con disabilità. La conferenza è stata moderata da don Mauro Santoro, responsabile della Consulta diocesana ‘Comunità cristiana e disabilità’, e vi hanno preso parte Giovanni Merlo, direttore della LEDHA nonché curatore del libro, don Pierangelo Sequeri, raffinatissimo teologo e compositore, e Matteo Schianchi, storico e ricercatore alla Bicocca di Milano.

La serata, che ha visto una partecipazione di pubblico veramente ampia, si è sviluppata come un dialogo tra i relatori e i partecipanti, in un confronto continuo e coinvolgente che ha chiarito diversi aspetti nodali del rapporto tra fede e disabilità.

Giovanni Merlo ha spiegato come, nonostante LEDHA come associazione sia da statuto aconfessionale, non possa rimanere indifferente ad una riflessione che sia anche spirituale. “Il punto di partenza per il volume è stato il contributo del gesuita australiano Justin Glyn, che è ipovedente. Le sue riflessioni valgono a pieno anche per un contesto laico”, ha spiegato Merlo, mettendo in campo anche la sua ‘ricetta’ per muoversi verso una società migliore: “Dobbiamo smetterla di istituire ‘tavoli di lavoro’ per ogni problema che riguardi la disabilità. Sono occasioni in cui si dice molto e si opera poco, e in cui spesso si ‘gioca’ ad andar tutti d’accordo: no, bisogna litigare, non basta conciliare. E soprattutto dovremmo abituarci a scandalizzarci: quando vediamo una barriera architettonica, dovremmo dire ‘Che schifo le barriere architettoniche’! Solo dall’indignazione può partire lo stimolo per l’azione”.

Sequeri ha sviscerato in maniera illuminante il concetto di ‘immagine e somiglianza’. “Dio, come immagine, ci sta davanti, non dietro”: ovvero, l’uomo non va inteso come una mera copia di Dio, che in quanto tale sarebbe per forza imperfetta, ma come un individuo che vede davanti a sé il modello divino, e che ha la possibilità di adeguarsi o ribellarsi ad esso. “Dio vuole essere amato, non subìto! L’uomo può ‘resistere’ all’immagine di Dio”, ha spiegato ancora Sequeri, suggerendo di intendere il rapporto con Dio nei termini dell’Amore, che ovviamente non può essere imposto. Inoltre, Sequeri ha dato una chiarissima visione sociologica della disabilità: “Nel passato la disabilità veniva nascosta. Attualmente viviamo in una situazione di ‘inclusività’: il disabile viene accolto nella società ma ancora in un modo ‘incistato’, come in una ‘bolla a parte’. Il nostro obiettivo deve essere una società ‘distributiva’, ovvero una società in cui ognuno riconosca che ha un debito, piccolo o grande che sia, rispetto agli altri, e che quindi lavori per risarcirlo. Questa è la ‘sussidiarietà’ che tutti noi dovremmo cercare”.

Schianchi, dalla sua piattaforma di storico, ha osservato come “il rapporto della Chiesa con la disabilità sia sempre stato in realtà piuttosto chiaro, non conflittuale: la Chiesa ha sempre interpretato lo stato di disabilità come uno stato di vita inferiore. E di qui ne sono nati un certo atteggiamento assistenzialista e quasi un concetto per cui aiutare il disabile divenisse ‘un momento di espiazione’”. Schianchi ha dunque suggerito di ripartire dalle individualità: “La strada maestra da percorrere è ripartire da un dialogo dal basso, che riesca soprattutto a intercettare i bisogni, le emozioni, le paure e le gioie delle persone con disabilità, in modo da costruire ambienti sempre più aderenti all’identità di ciascuno”.

Come detto, la grande partecipazione della cittadinanza ha manifestato quanto il tema del rapporto tra fede e disabilità sia sentito. A riguardo, infatti, il percorso di riflessione continuerà nei prossimi mesi tra le associazioni del territorio ed il Decanato di Castano Primo, che si è mostrato particolarmente attento alla tematica presenziando alla presentazione con il Parroco di Turbigo don Carlo Rossini, con don Alessandro Bonura e suor Marta Galbiati.

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