Stando ai fatti, il turismo italiano è fermo al B&B, dove la prima B sta per balneari, mentre la seconda B sta per Botticelli. Non occorrerebbe aggiungere altro per chiarire a cosa alludono queste due parole, ma la tragicomicità della situazione impone alcune considerazioni.
Italiani, popolo di santi, poeti e chiacchieroni. Quante volte, onestamente, ci siamo detti frasi come “Ah se l’Italia investisse sul turismo…” oppure “Potremmo vivere solo di turismo”? Parole, parole, risponderebbe Mina, anche perché, stando ai fatti, il turismo italiano è fermo al B&B, dove la prima B sta per balneari, mentre la seconda B sta per Botticelli.
Non occorrerebbe aggiungere altro per chiarire a cosa alludono queste due parole, ma la tragicomicità della situazione impone alcune considerazioni. Partiamo dalla prima, la più seria delle due questioni, che maggiormente impatta sullo sviluppo del mondo legato al turismo italiano: la liberalizzazione delle concessioni balneari. La Direttiva 2006/123/CE, altrimenti conosciuta come “Bolkestein”, è il riferimento giuridico in materia di stabilimento e libera circolazione dei servizi all’interno del mercato unico ed in oggetto si esprime indicando tra i requisiti la “non discriminazione, la trasparenza e l’accessibilità” dei regimi di autorizzazione delle concessioni.
Principi, non gli unici a dire il vero, consapevolmente ignorati dallo stato italiano per 17 lunghi anni e che, finalmente, il Consiglio di Stato e la Corte di Giustizia dell’UE hanno indicato come improrogabili. Le concessioni in essere scadranno al termine del 2023 e finalmente saranno (si spera) aperte a gara pubblica d’assegnazione. Uno stallo, quello vissuto fino ad oggi, che ha profondamente limitato le potenzialità del turismo costiero italiano, il turnover dei concessionari, il miglioramento dei servizi offerti e danneggiato tanti imprenditori, che avrebbero potuto sfruttare meglio la stessa concessione. Il tutto per una manciata di voti.
La seconda delle due questioni, se volessimo ignorarne il costo (9 milioni di euro per tutto il marketing mix), farebbe anche un po’ ridere. La Venere di Botticelli si è trasformata come d’incanto nell’influencer del turismo tricolore e, come legate da un filo invisibile, nella Ferragni nel paradigma dell’Italia che funziona e attira consenso. Non essendo dato sapersi se l’idea sia nata da un post serata al Twiga di Forte dei Marmi o se frutto di ‘attento’ studio di mercato, possiamo certo dire, indipendentemente dal successo che riscuoterà, che sia pessima. Un florilegio di luoghi comuni e un’execution senza né capo né coda (dai video in Slovenia alle immagini Stock, passando per la mancata registrazione dei domini) che hanno dato esito allo spot delle banalità ‘de noantri’. Certo “potremmo vivere solo di turismo”, ma non prima di renderci conto che il Colosseo il suo lavoro di marketing lo fa da sé.