Un intervento da 150 mila euro che andrà a 'ripensare' l’area, trasformandola da bosco a parco urbano.
Partiranno a maggio gli interventi di riqualificazione e messa in sicurezza del patrimonio Arboreo del Parco Castello. Il Parco necessita, infatti, di cure mirate e tempestive: è quanto emerge dalla dettagliata relazione stesa dalla società torinese Floema, che ha recentemente effettuato il censimento di tutto il patrimonio arboreo cittadino.
A seguito della siccità che ha caratterizzato sia la stagione estiva che l’inverno appena trascorso, la vegetazione del parco presenta, infatti, quello che gli agronomi hanno definito “uno stato acuto di stress fisiologico”: il disseccamento parziale o totale di un elevato numero di alberi ne è la prova più evidente. E se la siccità ha influito negativamente, c’è un altro fattore che sicuramente non gioca a favore del parco: la vegetazione che, in prevalenza, lo caratterizza (varie specie di conifere, per lo più) è quella tipica degli ambienti montani o pedemontani e, dunque, non idonea all’habitat di pianura e fluviale che caratterizza questo territorio. Questo perché negli anni Settanta, quando il parco fu costituito, l’attività di piantagione non seguì gli specifici criteri di salvaguardia del paesaggio locale e a lungo andare questo fattore, abbinato - come si diceva - al forte stress fisiologico legato all’innalzamento delle temperature medie e alla prolungata siccità, si è rivelato fortemente penalizzante. “Questo progetto rappresenta il primo intervento organico sul patrimonio arboreo del Parco Castello - sottolinea l’assessore alla Città bella e funzionale, Marco Bianchi. Come amministrazione siamo impegnati in un lavoro di rigenerazione del patrimonio immobiliare della nostra città; seguendo la stessa logica, con questo intervento cerchiamo di rigenerare anche quell’importantissima dotazione arborea che necessita, dopo quasi cinquant’anni di vita del Parco, di attenzioni mirate. Per il Parco Castello siamo giunti a un passaggio di rinnovamento generazionale e non è più possibile posticipare”.
Si rende, dunque, necessario un intervento di riordino e di ricomposizione boschiva, attraverso la piantumazione di nuove specie arboree e arbustive perenni: insomma, una vera e propria riqualificazione paesaggistica, che non potrà, ovviamente, prescindere dalla rimozione degli alberi disseccati. “Sono un centinaio, abeti e pini bianchi, per lo più - spiega Angelo Vavassori, responsabile della B.U. Manutenzione del verde pubblico. Alcuni sono morti ma ancora in piedi, altri si stanno via via inclinando e altri ancora si presentano ormai come ceppaie secche che emergono dal suolo e che è bene rimuovere, per la sicurezza di chi frequenta il parco. Si provvederà poi ovviamente a livellare e a rimodellare il terreno, in modo da garantire l’omogeneità delle superfici”.
Gli abbattimenti, come si diceva, prenderanno il via all’inizio di maggio e si protrarranno sino a fine giugno: in tale periodo il parco continuerà, tuttavia, ad essere fruibile. Le zone adibite a cantiere saranno opportunamente transennate e rese ben visibili da apposita segnaletica.
La messa a dimora delle nuove piante (delle specie Farnia, Rovere, Ontano nero, Carpino bianco, Frassino maggiore e Tiglio, tipiche della pianura lombarda, ma anche piante da frutto quali meli e ciliegi selvatici), che andranno appunto a compensare quelle rimosse, sarà effettuata a novembre, che è il mese più indicato per tale attività: “L’autunno fino al terminare dell’inverno - conferma Vavassori - è il periodo migliore per la messa a dimora delle piante, perché le stesse sono in riposo vegetativo. Questa condizione le aiuta ad attecchire meglio nel terreno e a far sì che le loro radici si sviluppino e si irrobustiscano”. La messa a dimora dei nuovi alberi (esemplari di 6-7 anni con una circonferenza di 18 -20 cm e un’altezza di circa 4 metri), terrà conto anche della distanza (8 metri circa) che deve esserci tra uno e l’altro per consentire a ciascuno di svilupparsi nel modo corretto (criterio, questo, che oggi così come in passato non sempre ottiene il rispetto che merita).
La rimozione delle piante morte e la messa a dimora delle nuove avrà non solo il pregio di riqualificare e risanare il parco, ma presenterà anche un notevole vantaggio ambientale, in termini di fissazione della CO2, di produzione di ossigeno e di captazione delle polveri sottili: i 100 nuovi alberi avranno il potere di “assimilare” (nel processo di fotosintesi) circa 10 tonnellate annue di CO2 e di captare 1 tonnellata l’anno di particolato atmosferico.
Il progetto pone attenzione anche alla fauna del parco. Un esempio per tutti: nella zona vicino al laghetto è stato individuato un albero, nel cui tronco ha nidificato un picchio muratore. Tale albero, che versa in condizioni precarie ma risulta comunque sicuro a livello di staticità, sarà pertanto preservato.
La riqualificazione prevede inoltre, per le zone in cui saranno messi a dimora i nuovi alberi, la realizzazione di un impianto di irrigazione autonomo, rispetto alla rete idrica comunale, che utilizza acqua non potabile di prima falda, con l’intento di rendere il parco autosufficiente sotto il profilo idrico.
Con il tempo e con le giuste cure che gli andranno accordate, il parco Castello diventerà, se non una ‘Biblioteca dell’albero’ come quella realizzata a Milano, un vero e proprio arboretum, ossia un grandioso erbario, collezione vivente di piante autoctone.