Ancora sulla prescrizione dei contributi dovuti alla Gestione separata dell’I.N.P.S.
Ancora sulla prescrizione dei contributi dovuti alla Gestione separata dell’I.N.P.S. La Sezione Lavoro della Cassazione, con sentenza n. 29832 del 12 ottobre 2022, ha trattato e deciso diversi problemi in ordine alla disciplina della prescrizione dei contributi dovuti da un avvocato iscritto d’ufficio alla Gestione separata di cui alla Legge n. 335 del 1995.
Utile qui ricordare che, che ai sensi dell’art. 2, commi 26 - 31 della Legge n. 335 del 1995, sussiste un obbligo di iscrizione presso la Gestione separata dell’I.N.P.S., tra gli altri, per i soggetti che esercitano attività di lavoro autonomo per professione abituale, ancorché non esclusiva.
In origine, il professionista, destinatario della detta iscrizione obbligata, proponeva in giudizio la questione della prescrizione dei contributi a lui richiesti.
L’Istituto, sempre originariamente, si difendeva dicendo di aver validamente interrotto nei termini la prescrizione in quanto, al caso di specie, avrebbe dovuto applicarsi la sospensione per aver il debitore dolosamente occultato l’esistenza del debito. L’avvocato infatti non aveva debitamente compilato il quadro della dichiarazione dei redditi relativo ai contributi.
Il Giudice di appello dava ragione all’avvocato respingendo l’argomentazione della sospensione e affermando che occorreva far decorrere il termine prescrizionale quinquennale dalla data di scadenza previsto per il pagamento dei contributi previdenziali.
La questione approda così in Cassazione, i cui giudici si esprimono con una articolata pronuncia che affronta le seguenti importanti e complesse domande:
In prima battuta si sottolinea che nessuna discussione è sorta sull’applicabilità del termine di prescrizione quinquennale, pacificamente riconosciuto dalle parti in contenzioso e dai giudici, nei vari gradi e stati del processo.
La Corte di Cassazione si è soffermata semmai sul momento da cui far decorrere la prescrizione, sancendo che la medesima decorre dal momento in cui scadono i termini di pagamento dell’obbligazione.
Ciò che non ha rilevato il Giudice di secondo grado e su cui invece si è concentrata la Cassazione è che il detto termine di scadenza, equiparato ai termini di versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi, viene di anno in anno differito rispetto a quanto originariamente previsto e ciò avviene in base ai vari decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.
Quindi il calcolo avrebbe dovuto partire dal termine differito e non da quello ordinario e ciò avrebbe portato, secondo il Giudice di legittimità, a sancire la validità ed efficacia dell’atto interruttivo della prescrizione dell’I.N.P.S. E ciò indipendentemente dalla valutazione della questione della sospensione della prescrizione.
Detto questo, la Corte di Cassazione ha anche precisato che la questione poteva essere, come in effetti avvenuto, trattata in Cassazione anche se non discussa nei gradi precedenti perché, per quanto riguarda la prescrizione, è sufficiente che le parti alleghino l’elemento costitutivo della stessa dato dall’inerzia del titolare protratta per un certo periodo di tempo e insistano con la volontà di profittare dell’effetto estintivo. Il giudice può in sintesi valutare d’ufficio il momento iniziale della prescrizione, senza essere vincolato dalle deduzioni di parte, oltre che può esaminare anche gli ulteriori profili che attengono alla durata e al decorso del termine.
Ciò vale anche se nei gradi di giudizio precedente non si è provveduto ad impugnare contestando le specifiche parti della sentenza riguardanti i singoli aspetti della prescrizione. Non si forma un giudicato interno, quindi il giudice può tranquillamente decidere, se si considera la fattispecie della prescrizione nella sua unità indissolubile e nella sua idoneità ad estinguere il diritto dopo il decorso di un certo tempo indipendentemente dai suoi singoli elementi che intervengono a definirla.