Dallo storico presepe di Greccio con San Francesco d’Assisi, la sacra rappresentazione del presepe è divenuta, sempre più, senso profondo del ‘rivivere’ il Natale nelle case e nelle comunità. Un ripresentare, spesso riaddattandolo all’attualità ed ai diversi contesti, di una nascita misteriosa quanto fondamentale di 2000 anni fa.
Dallo storico presepe di Greccio con San Francesco d’Assisi, la sacra rappresentazione del presepe è divenuta, sempre più, senso profondo del ‘rivivere’ il Natale nelle case e nelle comunità. Un ripresentare, spesso riaddattandolo all’attualità ed ai diversi contesti, di una nascita misteriosa quanto fondamentale di 2000 anni fa. “Fare il presepe è celebrare la vicinanza di Dio. Dio sempre è stato vicino al suo popolo, ma quando si è incarnato, è nato, è stato vicino, molto vicino , vicinissimo: è riscoprire che Dio è reale, concreto, vivo e palpitante”. Lo ha detto il Papa, sulla scorta della sua lettera apostolica, ha ribadito che “il presepe infatti è come un Vangelo vivo”: “Porta il Vangelo nei posti dove si vive: nelle case, nelle scuole, nei luoghi di lavoro e di ritrovo, negli ospedali e nelle case di cura, nelle carceri e nelle piazze. E lì dove viviamo ci ricorda una cosa essenziale: che Dio non è rimasto invisibile in cielo, ma è venuto sulla Terra, si è fatto uomo, un bambino”. “Dio non è un signore lontano o un giudice distaccato, ma è amore umile, disceso fino a noi», ha fatto notare il Papa: “Il Bambino nel presepe ci trasmette la sua tenerezza. Alcune statuine raffigurano il Bambinello con le braccia aperte, per dirci che Dio è venuto ad abbracciare la nostra umanità. Allora è bello stare davanti al presepe e lì confidare al Signore la vita, parlargli delle persone e delle situazioni che abbiamo a cuore, fare con lui il bilancio dell’anno che sta finendo, condividere le attese e le preoccupazioni”.