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Trucioli di storia

Quando la festa di San Martino finiva...

"Noi bambini, che rimanevamo a casa con le nostre madri, non vedevamo l’ora che venisse sera perchè sapevamo che i nostri padri ci avrebbero portato dei gustosissimi marroni da mangiare..."

Da piccola abitavo in una cascina che portava il nome di Cascina San Martino, era situata alla periferia di un piccolo paese della provincia di Milano chiamato Inveruno. La cascina era abitata da numerose famiglie che provvedevano alla coltivazione dei terreni attorno ad essa. Noi bambini eravamo veramente tanti cosicchè schiamazzi, urla e versi degli animali allevati la riempivano di vita ed era bellissimo viverci. Un giorno all’anno però, tra le donne di casa calava un silenzio ed una preoccupazione che noi bambini non riuscivamo a comprendere.
Ai primi di novembre si festeggiava la festa di San Martino e nei giorni precedenti si puliva e riassettava tutto per rendere la cascina bella per la sua festa, visto che S. Martino ne era il patrono. Ma in paese proprio in quel giorno avveniva una grande fiera agricola. Padri, fratelli e mariti alla mattina, dopo aver provveduto al lavoro delle stalle, si recavano in paese per visitare la fiera, godere delle novità che essa proponeva e benedire i propri animali e mezzi di lavoro. Il pranzo era quello della festa e quel giorno l’usanza imponeva rigorosamente la Casseula che le varie trattorie del paese proponevano in grandi quantità.
Noi bambini, che rimanevamo a casa con le nostre madri, non vedevamo l’ora che venisse sera perchè sapevamo che i nostri padri ci avrebbero portato dei gustosissimi marroni da mangiare, ma non riuscivamo a capire perchè dal viso delle donne traspariva preoccupazione. Lo capii più tardi quando crebbi un pochino. Con la casseula infatti era consuetudine bere dei bei bicchieri di vino, non di grande qualità per la verità, e capitava spesso che qualcuno alzasse un pochino il gomito tanto da non trovare più la strada del ritorno resa difficile dalla fitta nebbia che in quei periodi abbondava.
Un anno in particolare ricordo che noi bambini affacciati alle finestre delle case per vedere se i nostri padri con i marroni arrivavano, al loro scorgere uscimmo felici per andargli incontro, quelle figure di uomini col loro gran mantello che si avvicinavano al buio tra la nebbia dovevano essere proprio i nostri padri, in effetti lo erano ma le donne contandoli da lontano si accorsero subito che ne mancava uno. Scattò l’allarme e con gran trambusto capimmo che non c’era “Il Carlin”. Gli uomini allora rinsavendo con l’ultimo barlume di lucidità rimasto tornarono sui loro passi per cercarlo, temevano che fosse finito nel fosso pieno di acqua gelida che costeggiava la strada, lo cercarono, chiamavano, ma di lui nessuna traccia fino a che scorsero la sua bicicletta proprio sull’argine del fosso. Il terrore subito serpeggiò tra di loro, ma all’improvviso il Carlin comparve tutto fradicio ma contento e canticchiando come se nulla fosse successo, era sì finito nel fosso ma lui non se n’era nemmeno accorto. Si diressero allora tutti a casa sollevati, noi potemmo gustarci i nostri marroni ed i nostri padri fare una bella dormita riparatoria fino alla mattina.
Il giorno seguente il viso delle nostre mamme tornava sereno, erano tranquille perchè per un anno potevano star sicure che i loro mariti, padri e fratelli si sarebbero dedicati solo al lavoro dei campi e delle stalle bevendo a pranzo solo un bicchiere di innocuo vinello annacquato che le loro case offrivano.

Bisnonna Teresa
Cascina S. Martino d’Inveruno, fine anni ‘20

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