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Turbigo, Storie, Sociale

"L'accoglienza deve essere anche ascolto"

La testimonianza di Padre Radek, che in Polonia ha accolto un gruppo di cittadine ucraine in fuga dalla guerra. "L'accoglienza deve essere anche ascolto".

L’arrivo in diversi momenti e da varie zone. Per la maggior parte mamme con i figli, donne e bambini, ma anche qualche famiglia. L’accoglienza, poi, che, inevitabilmente, diventa anche e soprattutto ascolto “Perchè mai come oggi c’è tanto bisogno pure di questo”. Già, ascoltare è appunto la parola che più di tutte ripete padre Radek, là a Kluczbork in Polonia, dove, ormai da settimane, sta ospitando un gruppo di cittadini ucraini in fuga dalla guerra. “In totale ne abbiamo ricevuti 16, 9 che sono rimasti da noi e gli altri 7, invece, che si sono, successivamente, spostati in Germania - racconta il sacerdote che, dal suo periodo di studi a Roma è solito trascorrere le festività pasquali a Turbigo - Adesso, però, è fondamentale non fermarsi qui; il primo esame, come lo definisco io (ossia quello di dare una risposta immediata alla difficile situazione), alla fine, l’abbiamo superato, però serve andare avanti, guardando con ulteriore attenzione a ciò che ci attende per il futuro”.

Le altre esigenze, insomma, di queste persone, lontane dalla loro terra, senza più nulla e che non sanno quando o se e mai potranno davvero fare ritorno a casa. “Sono, infatti, traumatizzate - spiega - E, pertanto, oltre al sostegno materiale, una grossa mano può arrivare proprio dall’ascolto. Le immagini che vediamo dalla televisione oppure sui social sono nulla in confronto alle testimonianze dirette. Ad esempio, la storia di una madre con le sue due figlie, scappate da Mariupol: eravamo a tavola, avevamo preparato la zuppa di pesce e abbiamo notato che non la mangiavano, così abbiamo chiesto come mai? Non vi piace? E loro ci hanno raccontato che per fuggire dai bombardamenti avevano trovato riparo su una barca di pescatori, cibandosi dunque per 10 giorni solo pesce crudo. O ancora, il momento che sono andato a prendere una ragazza in stazione; con lei aveva quattro sacchetti di plastica con le cose che le erano state date probabilmente in un centro di accoglienza; solamente questi e nient’altro. Ecco, come dicevo prima, l’importanza di ascoltare, per meglio comprendere chi abbiamo davanti e renderci conto di quali azioni possiamo mettere in campo per aiutarli nel modo migliore possibile”.

Non solo i beni di prima necessità (cibo, vestiti, medicinali, ecc...), quindi. “Ma appunto è necessario dare un sostegno sia dal punto di vista della condivisione (dopo ciò che hanno dovuto vivere, molti non riescono per nulla o quasi a parlare), sia per quanto concerne la quotidianità (in questo senso, c’è chi stiamo aiutando con le pratiche per trasferirsi in qualche altra Nazione, dove ha parenti o amici che l’attendono, chi, invece, rimarrà con noi e, dunque, gli abbiamo trovato un lavoro e chi ancora deve andare a scuola). Momenti che fino alle scorse settimane erano la normalità e che, però, oggi, non esiste più”. Tutto cancellato all’improvviso, infatti. “Capite bene quale sia il loro stato interiore - conclude padre Radek - Si sentono in colpa, perché sono partite, lasciando in Ucraina i mariti oppure alcuni familiari e parenti. Una sorta di abbandono e, per questo motivo, dentro di loro c’è il desiderio forte di tornare subito indietro. Ma per andare dove, visto che, purtroppo, in Ucraina non è rimasto niente. Non c’è più il loro paese, non c’è più la loro casa, allora è proprio adesso che è fondamentale stare loro accanto, accogliendole e ascoltandole”.

"ACCOGLIENZA CHE DEVE ESSERE ANCHE ASCOLTO..."

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