"Prime giornate primaverili, primi pomeriggi di sole tiepido e così i miei figli mi hanno dato il permesso di riprendere le mie passeggiate nella mia amata campagna...".
"Prime giornate primaverili, primi pomeriggi di sole tiepido e così i miei figli mi hanno dato il permesso di riprendere le mie passeggiate nella mia amata campagna. Girovago per i campi che incominciano a rinverdire, vedo i miei amici agricoltori intenti ad arare i terreni per prepararli alla semina e i pensieri tornano indietro negli anni. Tornano indietro talmente tanto che vanno ai ricordi di bambino quando la mamma mi portava con sé nella campagna a raccogliere le prime erbe spontanee.
E’ da lì che ho imparato a riconoscerle, ed è da lì che è cominciata la passione per la campagna e l’orto. Quando andavo con la mamma il mio compito era quello di tenere il cestino dove lei metteva tutte le erbe che raccoglieva, mi ricordo la grande quantità di “Verzola” come la chiamavamo noi in dialetto quella che oggi si chiama Silene, la quale diventava un grande arricchimento delle frittate dei venerdì di Quaresima o finiva nei minestroni serali. Non sempre mi divertivo, il compito di tenere il cestino e di non rovesciarlo talvolta era insopportabile.
Trattenere la voglia di rotolarmi nell’erbetta fresca e di correre dietro alle prime api era davvero estenuante ma dovevo fare il bravo ometto ed obbedire altrimenti erano guai. Pian piano quelle piccole raccolte diventarono una passione e così cominciai a seguire non solo la mamma che mi insegnava quali erano le erbe buone ma anche il nonno nell’orto di casa. La mia soddisfazione più grande era vedere i germogli dei semi che avevo seminato e curato. Veder crescere quei semi e vedere che l’orto diventava sempre più ricco di giorno in giorno era davvero appagante.
A quei tempi l’orto era una riserva di cibo molto importante e non bisognava trascurare nemmeno il più piccolo dei frutti perchè dovevano finire direttamente sulla tavola. C’era una cosa però che da piccolo non mi piaceva affatto ed era vangare il terreno. Era un compito che i grandi ci tenevano che imparassimo ma quella vanga era talmente grande che non riuscivo proprio a tenerla e rigirarla nel terreno. Ogni colpo di vanga era come spostare un enorme macigno, però pensandoci adesso, di anno in anno, quel macigno si faceva più leggero.
Man mano che crescevo sembrava che quella vanga pesasse sempre meno, tant’è che imparai a non odiarla più. Oggi i miei acciacchi non mi permettono più di coltivare un orto tutto mio, la vanga ora è tornata a pesare come quando ero bambino, però non mi tolgo la soddisfazione di girovagare per i campi e cercare ancora quell’erbette buone che fanno primavera". (Nonno Luigi - fine anni '40)