Il mondo cambia senza che riusciamo a cogliere i segni della storia
Quando il dito indica la luna, lo sciocco guarda il dito. Così recita un antico proverbio cinese, ma in questo caso ben rappresenta la realtà attuale in cui siamo catapultati. Mentre i Paesi intorno a noi vivono la loro ‘caduta del muro di Berlino’ noi ci arrocchiamo in un immobilismo intorno al bunga-bunga e le case di Montecarlo. I fenomeni in atto negli Stati più vicino al nostro sono invece il segno che qualcosa sta cambiando, forse ancora più rapidamente di quanto i ‘potenti’ potessero immaginare. La rivoluzione di internet non ha toccato il suo apice con Wikileaks (e l’accesso a milioni di report inizialmente segreti), ma ha portato la gente verso una più reale forma di interazione e democrazia. E’ grazie al web che in paesi come Tunisia, Egitto, Albania, ecc., si formasse prima una coscienza collettiva e poi un movimento capace di scendere per le strade a rovesciare regimi o governi che per tanto (troppo) tempo hanno sperato di addomesticare le masse grazie al controllo dei mass-media. Ne è testimonianza la prima (o ultima) mossa del governo egiziano di Mubarak con il blocco totale di internet e telefonia. Milioni di persone nel mondo sono affamate e senza diritti di rappresentanza, spinte nelle piazze per cambiare lo stato delle cose. Dramma questo che si moltiplica per il perdurare della crisi economica globale e si accentua per una mancanza di leadership internazionale (gli Usa hanno perso credito, la Cina non è ancora così affermata, l’Europa è sempre più Germania-centrica). Ma torniamo alla metafora iniziale: mentre il mondo corre e cambia, la maggior parte della nostra opinione pubblica è concentrata nello scontro tra politica e magistratura, bunga-bunga e partiti senza più una vera rappresentatività. Le note vicende dei nostri politici verranno accertate o smentite (come speriamo) nelle opportune sedi, ma l’esempio di degrado etico e morale trasmesso al Paese è davvero sconfortante. Per non parlare delle eterne emergenze italiane: dai rifiuti agli appalti con tangenti, dalle nomine partitocratiche alla mancanza di riforme. Il gonfiarsi di questi scandali allontana (forse giustamente) sempre di più i cittadini dai loro rappresentanti. La politica, sembra banale ma forse è doveroso ricordarlo, deriva dal greco ‘polis’, come arte di governare la città. Ma il dramma vero è che una cosa accomuna noi al popolo egiziano, albanese, tunisino: la mancanza di speranza nel futuro. Se non la si recupera sarà davvero troppo tardi.