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Legale

Aste giudiziarie: coniugi e figli dei debitori

Aste giudiziarie: è ammessa la partecipazione all’incanto del coniuge e/o del figlio del debitore?

A norma degli artt. 571 comma 1 e 579 comma 1 c.p.c. chiunque è legittimato a partecipare alla vendita con e senza incanto ed a proporre offerta d’acquisto, ad eccezione del debitore.
La giurisprudenza ha ormai chiarito da tempo che la partecipazione del coniuge e/o del figlio del debitore è ammessa, purchè non ricorra un’ipotesi di interposizione fittizia o si configuri, in caso di accordo fra debitore esecutato e terzo da lui incaricato di acquistare per suo conto l’immobile, un negozio in frode alla legge – i cui effetti sarebbero non già la nullità della vendita ma del patto di retrocessione del bene al debitore, rilevabile anche d’ufficio.
Questo principio è ricavabile dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 3952 del 10 giugno 1988 che, sebbene datata, non è stata ad oggi superata da altra di senso opposto.
In questa pronuncia la Suprema Corte ha chiarito come debba considerarsi nullo il pactum de retrovendendo l’immobile poiché si tratta di un contratto in frode alla legge.
Ha precisato però che siffatto accordo sarebbe invece ammesso in presenza di un mero impegno ad un’eventuale retrocessione del bene al debitore nel caso in cui, successivamente, le condizioni economiche di questo ne consentano il riacquisto.
Il caso in analisi è il seguente: gli esecutati si accordano con un terzo affiché quest’ultimo partecipi, in nome proprio, all’asta e con impegno poi a ritrasferire il bene aggiudicato ai debitori.
A seguito dell’emissione del decreto di trasferimento, il terzo intima, con atto di precetto, il rilascio del bene. Segue un giudizio di opposizione dei debitori che lamentano il mancato rispetto dell’accordo.
Arrivata la questione in Cassazione, la Corte chiarisce che nel caso di specie era evidente come le parti, accettate le conseguenze del trasferimento del bene, si erano impegnate al suo trasferimento in un futuro più o meno prossimo e nell’ipotesi sperata, ma ipotetica, che le condizioni del debitore migliorassero, sì da permettergli di riacquistare il bene perduto, cui era legato da vincoli affettivi.
Non si era dunque di fronte ad un proposito fraudolento, vietato, e che avrebbe legittimato l’opposizione, bensì ad un mero impegno alla retrocessione, ammesso.
Per completezza si precisa che quanto sopra è ritenuto applicabile, relativamente al consorte, in caso di coniugi in separazione dei beni e non anche nell’ipotesi di coniugi in comunione legale.

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