Sono 41 milioni gli italiani che utilizzano i social network, 31 quelli che utilizzano Facebook - che ormai gli adolescenti di oggi definiscono “Il social network per i vecchi”. Ma come si dibatte?
C’era una volta Facebook, il social network-vetrina dove gli utenti amavano mostrare il loro profilo migliore, le vacanze, le facce da aperitivo, gli outfit da festa dell’ultimo dell’anno. Chi bazzica questa piattaforma fin dagli albori, però, si sarà accorto della trasformazione da essa subita: meno vita privata delle persone e più informazione, news, scambio di informazioni e dibattito.
Secondo i dati del report Digital Italia 2021 dell’agenzia di comunicazione internazionale We Are Social, sono 41 milioni gli italiani che utilizzano i social network, 31 quelli che utilizzano Facebook - che ormai gli adolescenti di oggi definiscono “Il social network per i vecchi”. Utenti che, in queste settimane, parlano di contagi, di vaccini, di obbligo di green pass, di DDL Zan e riforma della giustizia, solo per citare alcuni esempi. Il dibattito social assume proporzioni così ingenti da sembrare l’unico dibattito esistente e possibile. La discussione online tra gli influencer Chiara Ferragni e Fedez e politici come Matteo Renzi hanno fatto balzare le interazioni social relative al già citato disegno di legge contro l’omotransfobia (sette milioni di interazioni e seicentomila menzioni secondo FB Bubbles). Nonostante i tanti vip schieratisi a favore del DDL, un report di Human per Il Giornale ha stabilito quasi il 60% dei post social ha un sentiment negativo nei confronti del provvedimento, che sta affrontando l’iter parlamentare. Segno che, anche sui social, non si deve dare per scontato che ci sia un solo modo di pensare, quello “digitale”: il contraddittorio è aperto e le opinioni sono le più diverse. Insomma, non è che gli utenti social la pensino tutti allo stesso modo, e non sono nemmeno gli unici cittadini pensanti di uno stato!
Sui social, però, a differenza della vita offline, tutti possono esprimere la propria opinione e si sentono legittimati a farlo. Il problema è che spesso gli interventi degli utenti si basano su non-argomenti: “perché è così”, “io la penso in questo modo e basta”, scarsa apertura all’opinione altrui, fino all’insulto e all’attacco personale. Forse vi sarà capitato di scrivere qualcosa sui social e ottenere in cambio risposte di questo tipo. Vale la pena ribattere? La risposta è no. Ecco allora un decalogo per condurre e guidare tutte le nostre conversazioni online: si chiama ‘Manifesto della comunicazione non ostile’ ed è stato redatto nel 2017 dall’Associazione Parole Ostili come progetto sociale di sensibilizzazione contro la violenza delle parole, Viene aggiornato annualmente. Seguiamolo, condividiamolo, facciamolo nostro! Teniamocelo sotto gli occhi ogni volta che scriviamo qualcosa o esprimiamo un’opinione sui social network. Perché il dibattito online, ormai così diffuso e importante, possa dire “NO” all’ostilità delle parole.