Le parole del deputato Alessandro Zan, spese durante un recente dibattito con il cantante Fedez, sembrano tratte da un film distopico...
Le parole del deputato Alessandro Zan, spese durante un recente dibattito con il cantante Fedez, sembrano tratte da un film distopico. Il deputato, parlando della percezione del proprio genere sessuale, ha detto: “È la percezione profonda, precoce e strutturata del proprio genere. Sin da quando siamo bambini percepiamo qual è il nostro genere. Alcuni bambini e bambine, però, lo percepiscono diverso da quello che è il loro sesso biologico: bisogna dunque aiutarli in un loro percorso di transizione perché si ritrovano con un genere che non corrisponde al loro sesso di nascita e i genitori oggi sono molto più sensibili questa tematica. È un diritto umano!”. Mi limiterò a una sola considerazione: il bambino, la cui evoluzione in adulto termina grossomodo attorno ai vent’anni, dopo il lungo segmento dell’adolescenza, è mutevole per natura. Il suo è un tempo di transizione, di evoluzione, appunto. Ora, trasformare in permanente, immutabile e fisso (forzando il naturale sviluppo) in nome di un sentimento di distonia o di confusione che può essere temporaneo e addirittura – a tratti – fisiologico, è una violenza perpetrata a chi non è ancora in grado di prendere decisioni serie, definitive e mature. Si tratta – a mio avviso – di una pesante violenza perpetrata nei confronti di chi non ha l’età per decidere. Segnalo, giusto per completezza, che in Gran Bretagna, strano Paese dove la transizione è possibile anche in età minorile, ci sono già casi di adulti pentiti. E’ il caso di Keira Bell, che oggi, all’età di 23 anni, rimprovera gli adulti che avevano dato ascolto alle sue richieste di sedicenne: “ero troppo piccola per decidere, dovevano farmi riflettere”. E’ anche il caso di sottolineare che ragionare sui freni alla licenza di fare qualsiasi cosa non significa avallare le discriminazioni o ancor peggio le violenze. Forse dovremmo ricordarci di Goya e del suo perenne monito: ‘il sonno della ragione genera i mostri’. La realtà è che in campo medico gli effetti collaterali ci sono sempre e che a livello statistico è più pericoloso guidare un’automobile che farsi iniettare il vaccino anti-covid. Nessuno, però, metterebbe in dubbio l’utilità o rinuncerebbe all’opportunità di guidare una macchina. Quel che è certo è che i governanti e le autorità medico-scientifiche dovrebbero imparare a parlare chiaro, a parlare alla ragione e non alle emozioni, a far leva su dati ed evidenze per contrastare l’impulsività che caratterizza ciascuno di noi. E a non cambiare idea ogni 5 minuti.