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Inchieste, Attualità, Storie

Codogno: "Dieci anni in uno..."

La città della provincia di Lodi, prima 'zona rossa'. Un anno dopo, la comunità ricorda quei drammatici momenti e la lunga battaglia che ancora si sta combattendo contro il Covid.

I ricordi, alla fine, sono differenti, perché differenti sono i loro ruoli all'interno della comunità. C'è chi come il sindaco, ad esempio, si sofferma sulla firma dell'ordinanza che, di lì a poco, avrebbe chiuso tutto, chi, invece, come il comandante della Polizia locale, parla della telefonata della Prefettura per aprire il centro operativo misto o ancora il personale della Croce Rossa che racconta delle richieste di soccorso che continuavano ad aumentare, fino ai volontari della Protezione civile, chiamati in sede per stabilire e organizzare l'attività da mettere in campo. E, in fondo, diversamente non potrebbe essere. Codogno oggi è una città che, mese dopo mese, sta cercando di ripartire sempre di più, ma niente e nessuno potranno mai cancellare quegli ultimi giorni di febbraio del 2020 (quando il Covid-19 è entrato, per la prima volta, nella vita del Comune della provincia di Lodi) e tutto ciò che sarebbe arrivato poi (la 'zona rossa', la lunga e difficile emergenza e le varie limitazioni e restrizioni). "Dieci anni condensati in uno - dice il primo cittadino Francesco Passerini - Se ci guardiamo indietro, la sensazione è proprio questa. I pensieri sono tantissimi, sappiamo, purtroppo, che non è ancora finita, anzi la battaglia prosegue e, allora, dobbiamo resistere e combattere. Noi, comunque, lo spirito non lo perderemo mai; non lo abbiamo perso all'inizio, non lo faremo di certo ora, però chiaramente la voglia di tornare presto alla libertà è enorme". Prima 'zona rossa' d'Italia, dunque, prima realtà a fermarsi. "La cosa più difficile sono stati gli istanti appena successivi alla firma dell'ordinanza - ribadisce - Bisognava, infatti, spiegare alla gente che avrebbe dovuto rimanere in casa e che non poteva uscire e, contemporaneamente, alle attività commerciali che avrebbero dovuto abbassare le serrande e bloccare il lavoro. Era qualcosa che sembrava fuori dalla storia, impossibile, e noi dovevamo già metterlo in pratica, perché era l'unica soluzione che, in quel momento, si poteva fare per tutelare la nostra comunità". Giorni e ore caratterizzati, inevitabilmente, dallo smarrimento, dalle paure e dalle numerose domande sul presente e sul futuro. "Ricordo la chiamata della Prefettura che mi avvertiva che c'era da aprire il centro operativo misto, in quanto la situazione era destinata a degenerare dal punto di vista emergenziale - sottolinea il responsabile dei Vigili urbani, Marco Simighini - Dodici mesi, per molti aspetti, complicati; la pandemia ci ha portati ad implementare ulteriormente l'attività a livello anche sociale. Al di là dell'aspetto sanzionatorio, infatti, c'è stata la parte legata al dare sicurezza alla popolazione che si è trovata persa davanti a quanto stava accadendo". E, poi, i numeri dei contagi che continuavano a salire. "In 120 giorni abbiamo fatto all'incirca 150 mila chilometri con i mezzi e dai 200 ai 300 servizi di urgenza/emergenza, non solo per Covid, ma principalmente dovuti a questo - affermano dalla Croce Rossa - Sono state settimane davvero complicate; la gestione dei turni, ad esempio, non avevamo più i soliti orari, si entrava in servizio, ma non si sapeva quando avremmo finito; senza dimenticare i momenti dell'intervento vero e proprio: le persone erano spaventate e dovevi stare loro vicino cercando di trasmettere, oltre a quello fisico, un sostegno morale". "La prima immagine è a quella mattina di fine febbraio - concludono dalla Protezione civile - La telefonata del nostro coordinatore che ci convocava in sede. La situazione era molto seria e, quindi, bisognava attivarsi per portare il nostro aiuto, trovandoci, però, di fronte a qualcosa di completamente sconosciuto...". (Foto e video Eliuz Photography e Franco Gualdoni)

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RESILIENZA, COMUNITA' E RIPARTENZA: IN RICORDO DELLE VITTIME
Per non dimenticare. Perché sono state tante, troppe, purtroppo, le persone che se ne sono andate per sempre. Il virus che, all'improvviso, ha fatto la sua comparsa e le ha 'strappate' all'amore ed all'affetto di familiari, parenti e amici. "Numeri impressionanti - racconta il sindaco Francesco Passerini - E' stato un vero e proprio tsunami, in modo particolare il mese di marzo dell'anno scorso, durante il quale i decessi hanno avuto una crescita esponenziale e che mai si era vista nella storia della nostra comunità". E, oggi, allora, partendo da quei terribili e tragici momenti, ecco che Codogno ha voluto rendere omaggio a chi non c'è più, inaugurando, accanto alla sede della Croce Rossa, un'area, appunto, dedicata alle vittime del Covid. Un luogo allo spirito di resilienza dimostrato dai cittadini e uno spazio di ricordo, riflessione e proiezione alla vita. "Tre lastre di acciaio - conclude Passerini - rappresentative di Codogno e delle sue frazioni Maiocca e Triulza e disposte a leggero semicerchio, a creare un simbolico abbraccio. Il tutto posizionato su un basamento, dove sono impressi i termini resilienza, comunità e ripartenza. Tre parole chiave ed evocative del drammatico periodo di pandemia vissuto e della coesione, della resistenza e della tenacia che la comunità ha saputo dimostrare".

FEBBRAIO 2020, QUANDO TUTTO E' CAMBIATO

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