La chiusura anticipata alle 18 per le attività di ristorazione rischia di penalizzare ulteriormente anche gli oltre mille agriturismi.
La chiusura anticipata alle 18 per le attività di ristorazione rischia di penalizzare ulteriormente anche gli oltre mille agriturismi (2 su 3 di quelli attivi in Lombardia) che propongono i piatti tipici del territorio. È quanto afferma Terranostra Lombardia, associazione promossa da Coldiretti che rappresenta e riunisce gli agriturismi, in merito alle nuove disposizioni anti contagio in vigore in tutta Italia. “Le cene sono una voce importante per il bilancio delle nostre aziende – spiega Massimo Grignani, presidente di Terranostra Lombardia – Lo stop di un mese imposto dall’ultimo decreto del presidente del Consiglio dei Ministri rischia di compromettere ancora di più queste attività già colpite dal lockdown della scorsa primavera e che per poter continuare a lavorare hanno recepito tutte le misure di prevenzione richieste dalle autorità competenti”. L’asporto e le consegne a domicilio – continua Terranostra Lombardia – sono importanti ma non sufficienti a coprire le perdite provocate dai nuovi divieti. “Perciò – precisa Massimo Grignani – in questa nuova fase di emergenza, con le strutture obbligate alla chiusura serale, diventa fondamentale dare loro la possibilità di rimanere aperte a pranzo anche nei giorni non previsti dalle autorizzazioni aziendali, senza dover ricorrere a ulteriori adempimenti burocratici, per cercare di compensare almeno in parte le cene perse”. Gli agriturismi – ricorda Terranostra Lombardia – si trovano in campagna, lontano dagli affollamenti e con spazi adeguati a tavola. Per questo sono luoghi dove è più facile garantire il rispetto delle misure di sicurezza per difendersi dal contagio fuori dalle mura domestiche e alleggerire gli assembramenti nelle città. Con i nuovi limiti di orario – spiega la Coldiretti – nel settore della ristorazione nel suo complesso si perdono 6 italiani su 10 (63%) che almeno una volta al mese mangiano la sera fuori casa. Il risultato è il drastico crollo dei consumi che mette a rischio un terzo della spesa alimentare degli italiani con un impatto sull’intera filiera alimentare nazionale che – conclude la Coldiretti – perderà oltre un miliardo di euro di fatturato per le mancate vendite di cibo e bevande nel mese interessato dal decreto.