Anche l’ultimo baluardo di libertà presente all’interno della Repubblica Popolare Cinese, Hong Kong, è definitivamente caduto nelle mani di un regime.
Non avremmo mai voluto scriverlo, ma la crudeltà dei fatti ci mette davanti ad una realtà che non lascia altro spazio se non all’ammissione del fatto che l’ultimo baluardo di libertà presente all’interno della Repubblica Popolare Cinese, Hong Kong, è definitivamente caduto nelle mani di un regime. La Cina, nonostante a livello mediatico goda di un inspiegabile apprezzamento, è il regime che se lo è preso rompendo di fatto un equilibrio sottilissimo, che sin dal 1979, in seguito alle trattative per il rientro della regione nell’orbita cinese, reggeva le relazioni tra la regione ad amministrazione speciale e il governo centrale. Tale accordo originava un’intesa a costituire “un paese e due sistemi” a rimarcare il fatto che Hong Kong, frutto della libertà occidentale, mai avrebbe potuto o dovuto essere assoggettata al regime dittatoriale cinese. E invece così è stato. La Cina, complice la distrazione di massa dovuta ad una pandemia circa l’evolversi della quale ha pure evidenti responsabilità, ha letteralmente dimenticato il memorandum e, attraverso l’emanazione di una “legge sulla sicurezza nazionale” ha portato la gestione della giustizia nella regione amministrativa speciale sotto l’alveo di competenza del governo centrale di Pechino. Questa mossa consente alla Cina, la quale ha già evidentemente iniziato ad usufruirne senza farsi pregare, di individuare e punire ogni attività di “secessione, sovversione, terrorismo e complicità con potenze straniere”, nonché di colpire gli attivisti per la libertà che da mesi manifestano per le strade di Hong Kong. La legge, emanata dal congresso, controllato dal Partito Comunista, caratterizza in modo estremamente generico le fattispecie sopra riportate, rendendo chiaramente arbitrali le condanne e prevede addirittura che possano essere condannati a dieci anni di carcere coloro che anche solo pacificamente dimostrino solidarietà a tali manifestazioni. Ma se tutto sommato non ci sorprende l’autoritarismo cinese, che non fa altro che ripercorrere i tratti più caratteristici dei regimi dittatoriali che tanto vorremmo scomparissero, quello che più sconcerta è l’indifferenza con la quale è stata accolta a livello europeo l’annessione di Hong Kong. Non solo non sono piovute condanne dure a sufficienza, ma in alcuni casi, e tra questi l’Italia, si è cercato di non commentare o rendere dichiarazioni di circostanza. La gravità di questa indifferenza è direttamente proporzionale alla grandezza della minaccia che la Cina rappresenta per il mondo libero, in un momento, per quest’ultimo, di grave difficoltà e di grave debolezza di leadership sul piano americano.