Una Via Crucis inedita, struggente, che ha colpito e coinvolto tutti. Non il Colosso, ma una Piazza San Pietro buia e deserta. Ma una preghiera forte, che si è levata al cielo.
Via Crucis, Via Lucis. Croce e Luce, nel dolore di Gesù che muore c’è la rinascita dell’umanità, nel suo martirio c’è la certezza della vita eterna. E’ la Basilica Vaticana, luogo della sepoltura di Pietro, a fare da sfondo alla celebrazione del Venerdì Santo (guarda il video integrale). Non il Colosseo, l’anfiteatro consacrato alla memoria dei martiri, ma il cuore della cristianità, diventato sempre più una chiesa domestica in questo tempo difficile segnato dal coronavirus. Un’epidemia che provoca distanza, lacrime e solitudine, eppure lì sotto la croce ci siamo tutti, sconfitti, reietti, potenti, tutti uguali agli occhi di Dio.
A portare la croce ci sono i cirenei, i Pietro, i Barabba di oggi. C’è Michele, ex detenuto, che ha sentito tutto questo su di sé. Oggi è un uomo risanato ma le parole della prima meditazione sono un richiamo alla sua vita. “Crocifiggilo”: il grido della folla, nella prima stazione della Via Crucis, che condanna Gesù, un grido che ancora oggi non si spegne ma si rafforza, una crocifissione che gli ergastolani vivono sulla loro pelle, eppure il carcere – scrive un detenuto – è visto come “una salvezza”.
Il peso della croce di genitori che vivono la scomparsa della figlia, uccisa da un uomo senza pietà, è grande . Ma proprio nella disperazione – scrivono – il Signore ci viene incontro, “donandoci la grazia di amarci come sposi, sorreggendoci l’uno all’altro pur con fatica”. La loro vita non è una resa al male, tutt’altro, è una porta aperta a chi ha bisogno perché l’amore di Dio rigenera la vita.