"Le forze dell’ordine regolano gli spostamenti; se non mi fermano però, l’ho fatta franca. Ma chi ho imbrogliato esattamente?".
Da lunedì 8 Marzo 2020 è entrato in vigore il Decreto del Presidente del Consiglio riguardante le ulteriori misure di restrizione imposte per arginare la diffusione del virus COVID-19.
Tali misure, dallo stampo maggiormente incisivo rispetto alle precedenti, si insinuano definitivamente nella nostra quotidianità, costringendo ognuno di noi a cambiare stile di vita e a modificare le proprie abitudini. In particolare a toccare maggiormente i più, è l’Art. 1 punto a del decreto, che impone di evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori (della Regione Lombardia, e delle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia) nonché all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità [..].
La direttiva del Ministero dell’Interno ha successivamente chiarito meglio l’approccio delle stesse forze dell’ordine nell’ottemperanza del decreto. In pratica, se non hai un motivo serio o urgente per uscire, stai a casa!
Tutta questa situazione fa nascere però una riflessione interessante, profonda e quanto mai attuale, che parte da una domanda apparentemente banale: perché dovremmo sottostare a queste limitazioni?
“Fecero voti con faccia scaltra, nostra signora dell’Ipocrisia, perché una mano lavasse l’altra, tutti colpevoli, e così sia” ha scritto Francesco Guccini, ed è più una fotografia della nostra società che il verso di una poesia. D’accordo o meno con queste misure governative, molto più facile guardare l’altro se le rispetta o meno, piuttosto che guardare a noi stessi e a come le stiamo rispettando.
E questo perché? Perché la maggior parte di noi appena uscito il decreto, ha subito cercato le direttive del Ministero dell’Interno alle prefetture, per vedere come i corpi di polizia e dell’ordine pubblico avrebbero reagito, e quali misure avrebbero preso?
La risposta è semplice: per capire se io, personalmente, posso uscire di casa e andare a fare quello che facevo fino al giorno prima, senza alcuna ripercussione. In fondo, siamo italiani, i luoghi comuni si sprecano: fatta la legge, trovato l’inganno. Siamo fatti così. O forse no?
Ci sono due punti di riferimento fondamentali in questo dibattito, due personaggi che più che ogni altro filosofo del diritto, hanno saputo toccare con mano questo problema, e il dibattito tra loro, due magistrati in perenne disaccordo (come recita il sottotitolo di uno dei loro libri più interessanti), dura ormai da anni. Parliamo di Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo, due figure chiave della storia della magistratura italiana.
Il primo, Colombo, ha una visione molto hegeliana del diritto, come frutto della società civile. Dal punto di vista evoluzionistico, l’uomo nasce, comprende l’importanza di riunirsi, e successivamente sviluppa un sistema legislativo, che deriva dalla morale, per vivere al meglio in gruppo. La legge è rispettata, perché tutti comprendono l’importanza di rispettarla, si sentono parte del gruppo e condividono la moralità di fondo.
Di tutt’altro parere è Piercamillo Davigo, che invece, prendendo le distanze da ogni riflessione prettamente filosofica, propone uno spaccato della società, e afferma che la legge viene rispettata solo se lo Stato è in grado di fornire degli incentivi sufficienti, oppure in grado di imporsi con sanzioni e punizioni per chi non le rispetta. In generale, la legge viene rispettata perché chi la rispetta ha paura delle conseguenze se venisse colto in fallo.
Due pensieri interessantissimi, radicalmente diversi tra loro, che nella loro generalità e astrattezza, ci colgono sul vivo, in particolare in momenti come questi.
Facciamo un esempio: la indicazioni sono, da lunedì 8 marzo, di restare a casa se non per esigenze lavorative o necessarie. Filosoficamente potremmo dire che, se tutti noi comprendessimo l’importanza di essere parte dello Stato, e conoscessimo il valore morale dell’essere cittadino, tanto basta, perché tutti resteremmo a casa. D’altro canto, un’obiezione dall’eco “davighiano” potrebbe ribatterebbe che se non venissero messi agenti di polizia ad ogni incrocio, o non si facesse una propaganda seria per “intimorire” con sanzioni e pene chi vaga per i territori per motivi futili, allora nessuno rispetterebbe tale limitazione.
Siamo ad un divario filosofico/giuridico molto interessante; perché rispettiamo le regole?
Attenzione, perché è un discorso che riguarda tutti quotidianamente: non parcheggiamo in seconda fila perché dal punto di vista civico è sbagliato, o perché se passa un vigile ci fa la multa?
Paghiamo le tasse perché siamo consapevoli di dover fare la nostra parte per il funzionamento dei servizi dello Stato, o perché altrimenti l’Agenzia delle entrate ci punirebbe con sanzioni?
E così via, gli esempi proliferano.
Forse è una riflessione che oggi siamo tutti chiamati a compiere, oggi dove non ci potranno essere forze dell’ordine ovunque per controllarci, oggi che siamo liberi di attenerci o meno a quello che ci viene detto. Riflettiamo. Non accettiamo acriticamente e basta, polemizzando nel privato e aspettando il momento buono per “farla sotto il naso”, come chi, provenendo in macchina dal lato opposto a noi, ci fa i fari per segnalarci un posto di blocco più avanti. E noi gli siamo riconoscenti, perché “la facciamo sotto il naso” a chi invece è li per noi, per la nostra sicurezza e la nostra incolumità. Riflettiamo, e chiediamoci il perché.
Il problema del COVID-19 non è il tasso di mortalità (bassissimo), ma la quantità di persone costrette a ricorrere alla terapia intensiva per la guarigione; i nostri ospedali (segnati da tagli immensi e gestioni discutibili, su cui non è questo il momento di polemizzare, ma tale emergenza sarà un monito affinché in futuro ci sia una più ampia riflessione sull’argomento) stanno esaurendo i posti letto. Se il contagio aumenta, non sarà possibile fornire a tutti un’adeguata cura. Si aprono scenari moralmente apocalittici. Per ognuno di noi. Per chi ci sta a fianco. Per l’altro.
E’ davvero così utile fare gli abbaglianti per segnalare il posto di blocco più avanti? Ha davvero senso fare finta di nulla, sperare che nessuno mi fermi, ed uscire di casa per motivi inutili? Chi pensiamo di imbrogliare? A chi pensiamo di “farla sotto il naso”?
Piuttosto, stiamo uniti! Fermiamo questo contagio, ognuno di noi può essere portatore. Esponiamoci il meno possibile, aiutiamo l’altro. Facciamo la nostra parte.
di Matteo Cassani