Si tratta di un atto di responsabilità sociale: se il contagio avviene laddove ci sono affollamenti, evitiamo di frequentare chi approfitta della circostanza.
Confindustria: è richiesta l'onestà intellettuale di tutti coloro che fanno impresa, oltre alla collaborazione degli avventori. Si tratta di un atto di responsabilità sociale: se il contagio avviene laddove ci sono affollamenti, evitiamo di frequentare chi approfitta della circostanza per aggirare i provvedimenti del governo a discapito della salute di tutti. L'allarme di contagio del Coronavirus in Italia, oltre alle gravi conseguenze sulla salute delle persone, sta producendo gravissime ripercussioni economiche alle imprese dell'intrattenimento.
Le nostre imprese sono pronte a fare la propria parte ma qualche cosa evidentemente non funziona. Senza nulla contestare in merito alle politiche sanitarie di contenimento del Virus, alle quali le discoteche aderenti ad ASSO INTRATTENIMENTO si sono responsabilmente adeguate, non si può non osservare quanto accade.
Se la ratio delle disposizioni di urgenza è quella di contenere la diffusione del virus attraverso la limitazione di assembramenti di persone in luoghi pubblici e privati, ciò dovrebbe valere per tutti e anche per quei bar e ristoranti (luoghi non deputati all'intrattenimento) che, approfittando della chiusura delle discoteche, intendano organizzare concerti, serate musicali e spettacoli, ad esempio in occasione dell' imminente 8 marzo "festa della donna" (cosi nei fatti creando pericolosi affollamenti difficilmente gestibili). Dunque anche queste pericolose situazioni devono essere necessariamente impedite in nome della Pubblica Salute.
Proprio per questo ci rivolgiamo ai nostri clienti chiedendo di non partecipare a tali eventi e di prontamente segnalare eventuali abusi alle autorità preposte poichè l'interesse primario è la salute di tutte le nostre città.
Attualmente, il numero complessivo di aziende effettivamente operanti nell'attività di Pubblico Spettacolo risulta pari a 3000 unità, con un fatturato annuo di 2 miliardi e 800 milioni e un'occupazione di circa 90.000 dipendenti, ma le difficoltà e i danni economici non si limitano al solo nostro settore, colpendo anche tutta la sottesa e connessa filiera.