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Trucioli di storia

La piccola scuola

"In questi giorni dove tutte le scuole sono chiuse per l’emergenza, mi sono ritrovato a pensare che ai tempi in cui io ero scolaro non sarebbe mai potuto succedere...".

"In questi giorni dove tutte le scuole sono chiuse per l’emergenza, mi sono ritrovato a pensare che ai tempi in cui io ero scolaro non sarebbe mai potuto succedere. Quando ero piccolo vivevo in un piccolo borgo di collina, Teglia, una frazione di Pontremoli, dove non c’era assolutamente nè folla nè mezzi di trasporto, non arrivavamo alle cento anime e tutti sapevano tutto di tutti. La mia scuola era accanto alla piccola chiesa del borgo, ci andavo a piedi attraversando la mia “autostrada” quella che io chiamavo “madoni”, piccoli terrazzamenti utilizzati per le coltivazioni. Arrivavo in classe quasi sempre puntuale, a meno che , e succedeva spesso, non mi venisse in mente di combinare qualche marachella per strada... Saltare sopra i muretti o tuffarmi nelle pozzanghere infangandomi tutto era la mia specialità! Ad aspettarmi ogni mattina sulla porta c’era la maestra Rosa che pretendeva un bel “Presente!” urlato all’appello, anche se, sussurrandolo; mi avrebbe sentito ugualmente dato l’ampiezza della classe. Non vi era sovraffollamento in aula poiché con tutti gli alunni presenti eravamo ben in sei, quattro maschi e due femmine, di cui ricordo ancora tutti i nomi: Paola, Emanuela, Abramo, Carlo e Silvano. Avevamo ovviamente età diverse perciò nella stessa aula di venti metri quadri eravamo divisi in due classi. Prima e seconda imparavano a leggere e scrivere, mentre terza, quarta e quinta imparavano a studiare storia e geografia. Il nostro abbigliamento era anch’esso di grande tendenza: un grembiulone nero, quasi sempre più grande di noi perchè ereditato da fratelli o cugini, con un gran fiocco bianco. Le scarpette con i due buchini davanti che facevano intravedere i calzini bianchi, o meglio bianchi messi a casa ma arrivavano a scuola già di un altro colore. La ricreazione era il momento più bello: ci si poteva sfogare all’aperto, anche in inverno, stando sicuri che nessun virus ci avrebbe attaccato. Non sapevo ancora cosa volesse dire traffico, folla o fretta, quello era il mio grande mondo. A me sembrava enorme e c’era tutto quello che a quel tempo mi serviva, poi la vita mi ha fatto conoscere la piazza, la folla e il traffico che mi hanno dato tanto ma mi accorgo ora che nel mio piccolo mondo, nella mia microscopica scuola c’era già tutto". (Claudio, Parabiago, primi anni '60)

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