Lacrime, dolore e ricordi: lo sport piange il grandissimo Kobe Bryant, morto a 41 anni in un incidente in elicottero. Il mito, la leggenda, la storia dell'NBA non c'è più...
La palla a spicchi che rimbalza una, due, tre, dieci, quindici, ventiquattro volte. Ventiquattro tocchi che sembrano non finire mai e che, in fondo, mai davvero finiranno. Perchè lui non era come gli altri; lui era il mito, la leggenda, il campione capace di conquistare tutti, prima ancora l'uomo diventato un simbolo, un esempio, un punto di riferimento; la scritta NBA tatuata sulla pella e nel cuore, la forza di volontà e la grinta di chi, passo dopo passo, si era fatto strada e quella stessa strada l'aveva percorsa, lasciando in ogni angolo un segno indelebile, unico, eccezionale. "Kobe! Kobe! Kobe!"... come ogni volta che entrava in campo, così oggi, domani e per sempre il suo nome risuonerà forte e chiaro, quasi a ribadire che, sì certo, purtroppo il destino (spesso assurdo, terribile e crudele) se l'è portato via, però il ricordo, beh questo vivrà ogni giorno e nessuno potrà cancellarlo. "Ciao grandissimo", alla fine servirebbero mille pagine per raccontare quanto importante e straordinario fosse (fuori e dentro il terreno di gioco) per il basket (il suo amato basket) e più in generale per lo sport, ma adesso è solo e soltanto il momento delle lacrime e, soprattutto, del silenzio. Le parole, insomma, hanno lasciato il posto alle immagini, da una parte quelle terribili che arrivano dall'America e dal luogo dove è caduto l'elicottero sul quale Kobe Bryant viaggiava assieme ad una delle figlie e ad un gruppo di persone, dall'altra, invece, delle vittorie, dei traguardi, degli anni trascorsi su questo o quel campo, delle iniziative che l'hanno visto protagonista, dell'impegno costante e continuo, ecc... Una stella luminosa che ha fatto innamorare ed ha conquistato tutti. Una stella che continuerà a brillare lassù, in cielo.