In occasione del 25 aprile, un libro e una storia per riflettere
“Mio zio aveva un gran carattere, non era certo una persona che passava inosservata. In molti si ricorderanno di lui”. Così parla Rita Cavallari, di Cuggiono, negoziante. Suo zio Angelo Spezia è passato alla storia con il soprannome di Giulin: il suo nome di battaglia, per lui che era il comandante della ‘Gasparotto’, la squadra di partigiani che, durante la seconda guerra mondiale, nacque e operò proprio a Cuggiono. Dall’orgoglio nutrito nei confronti delle grandi azioni intraprese da questo suo parente e dalla volontà di non far dimenticare la sua storia di eroismo e pericolo, nel 2009 è nato un libro intitolato ‘La Leopoldina era la nostra casa’, che venerdì 23 aprile sarà al centro di un incontro organizzato a Magenta (presso Casa Gacobbe, alle 21) nell’ambito delle commemorazioni per il 25 aprile, anniversario della Liberazione. “La Resistenza era al centro di tutte le storie raccontate in famiglia quando ero bambina –racconta Rita Cavallari- ma l’idea del libro è nata dalla consapevolezza che il ricordo di quegli avvenimenti si stava perdendo. Da qui ho iniziato un lavoro di ricerca e documentazione che, tuttavia, non sapevo dove mi avrebbe portato… Sono andata a cercare i protagonisti di quella storia, quelli ancora in vita; li ho incontrati, affrontando anche il fatto che non tutti erano disponibili a parlare. Poi ho raccolto le loro testimonianze nello scritto”. Uno dei principali protagonisti di tutto questo, però, Giulin stesso, non amava parlare di ciò che aveva vissuto: “Ho saputo di più da altri… Mio zio si chiudeva a riccio quando si parlava di Resistenza, probabilmente perché non si è mai perdonato la morte del suo grande amico Carlo Berra, si sentiva responsabile per non averlo dissuaso dal seguire una persona ritenuta poco affidabile. È certo, però, che lui sapeva cose che nessuno saprà mai, se ne sono andate con lui”. L’opera di Rita Cavallari ci insegna, soprattutto, che quel periodo storico e questo 25 aprile che lo ricorda deve avere un significato profondo per ciascuno di noi: “Quando ho iniziato il mio lavoro ho pensato soprattutto a mio figlio diciottenne e a tutta la sua generazione, che non ha avuto contatti con quell’epoca e con le persone che l’hanno fatta. Ci sono piazzette di Cuggiono dedicate a molti protagonisti di questa storia, ma nessuno sa più chi sono e in tanti mi hanno detto di aver scoperto molto leggendo il mio libro. Alcuni non sapevano neanche che anche a Cuggiono, a Inveruno e in tutta la nostra zona c’erano i partigiani! È importante onorare queste persone che hanno dato la vita anche per noi –conclude l’autrice- perché ci hanno regalato un dono preziosissimo: la libertà di pensiero e di espressione. Ed è anche grazie a loro se oggi possiamo dire di essere liberi”.