Un mese e mezzo dopo l'annuncio della leucemia, Sinisa Mihajlovic ha voluto essere in panchina per guidare il suo Bologna alla prima giornata di campionato. Le settimane in ospedale, le cure, la lotta costante, l'immagine di un guerriero che arriva al cuore.
Volendo dargli un titolo, beh… non abbiamo dubbi che sarebbe “La vittoria in panchina”. Niente gol, azioni, rigori concessi o meno, colpi di testa, tiri dalla lunga distanza oppure sotto porta, insomma, perché quella è un’altra storia. La storia che oggi, invece, vogliamo raccontarvi va oltre il normale campo da gioco ed è qualcosa di ben più grande, profonda, unica. Cappellino in testa, cerotto nel lato sinistro del collo, sul volto e negli occhi i segni della difficile battaglia che la vita lo ha chiamato a combattere, ma anche quella grinta che da giocatore, prima, e da allenatore, poi, l’ha sempre contraddistinto: un mese e mezzo dopo la conferenza stampa dove annunciava a tutti di avere la leucemia, infatti, Sinisa Mihajlovic è tornato in panchina. La prima di campionato, l’inizio della nuova stagione, il suo Bologna era impegnato a Verona e lui, da condottiero e guerriero qual è, non ha voluto assolutamente mancare. L’aveva promesso alla squadra; l’aveva promesso ai collaboratori; l’aveva promesso ai tanti tifosi che, giorno dopo giorno, hanno continuato a fargli arrivare il loro affetto e la loro vicinanza. Certo non sarà stato semplice (anzi), l’ospedale, le cure aggressive, la lotta costante e continua, però Sinisa è uno che quando c’è stato da combattere non si è mai tirato indietro. E lo ha fatto di nuovo, regalando alla nostra serie A l’immagine più bella. Il calcio che va al di là degli schemi, delle tattiche, dei contropiedi e della difesa. Il calcio che racconta di persone in carne ed ossa. Il calcio capace di emozionare e di centrare i tre punti ancora prima che l’arbitro dia il via alla partita. La vittoria che arriva, appunto, in panchina e che dalla panchina, alla fine, raggiunge i cuori.