"Sto uscendo di casa, guardo in su e vedo il cielo nero, segno che sta arrivando un temporale, d’istinto rientro per prendere l’ombrello, ma mentre risalgo i gradini...".
"Sto uscendo di casa, guardo in su e vedo il cielo nero, segno che sta arrivando un temporale, d’istinto rientro per prendere l’ombrello, ma mentre risalgo i gradini per raggiungere il mio appartamento mi trovo a ripensare alla mia gioventù... quando i temporali ci raggiungevano mentre eravamo in aperta campagna. I temporali estivi allora avevano una grande importanza: potevano essere una manna per l’irrigazione dei campi se erano di sola pioggia ma potevano essere una disgrazia se con l’acqua arrivava anche la grandine, che poteva rovinare il raccolto e con esso le provviste per affrontare l’inverno. Fin da subito mio padre mi aveva insegnato a capire se potevo rimanere in campagna e continuare a lavorare o se dovevo scappare a ripararmi da un temporale in arrivo, attraverso dei semplici proverbi che sempre si rivelavano veri. Ne aveva uno per ogni angolo del cielo: S’al ven d’la muntagna l’impienis nanca la cavidagna; S’al ven d’la bergamasca al bagna nanca la frasca; S’al ven da Trecà ciapa la sapa e scapa a cà; S’al ven di part d’Arona scapa a cà e ciapa in man la curona.In effetti quando arrivava dalla montagna o dalla bergamasca io rimanevo molto deluso perchè mio padre non mi faceva tornare a casa, anzi, mi incitava a continuare a lavorare i campi. Mentre mi ricordo la paura di tutti, quando lo si vedeva arrivare dal Piemonte, allora sì che abbandonavamo subito i campi e scappavamo a casa o cercavamo riparo presso qualche cascina nei dintorni perchè quel temporale sicuramente sarebbe stato molto ‘cattivo’. Beh, oggi arriva dalla montagna quindi mi fermo dal risalire le scale e mi avvio a fare il mio giretto quotidiano, tanto per oggi non pioverà!" (Nonno Cesare, Cuggiono anni '50)