Il 34enne, inverunese 'doc', Stefano Cecchi, tra i partecipanti al 69° Lindau Nobel Laureate Meeting, un raduno dedicato ai giovani ricercatori e che ospita premi Nobel.
Qualcuno lo prende in giro, denominandolo Walter White, il professore criminale protagonista della serie tv 'Breaking bad': “No, non faccio lo stesso suo lavoro!”, sdrammatizza Stefano Cecchi, ingegnere elettrico, attualmente impiegato in un dottorato di ricerca a Berlino e tra i partecipanti al 69° Lindau Nobel Laureate Meeting, un raduno dedicato ai giovani ricercatori, che ospita diversi premi Nobel e circa 580 giovani ricercatori di cui 21 italiani. E tra questi c'è appunto lui: “ È un onore potervi partecipare. É un’ottima esperienza per conoscere altri giovani colleghi e le loro storie, e per interagire con scienziati di prestigio internazionale in settori della fisica molto distanti dal mio”. 34 anni, inverunese doc, ha studiato ingegneria elettrica al Politecnico di Milano, e successivamente ha fatto il dottorato di ricerca in fisica sempre al Politecnico (al laboratorio L-NESS di Como). Durante il dottorato, ha partecipato ad un programma di alta formazione chiamato 'Scuola interpolitecnica di dottorato' (Politecnico di Torino, Politecnico di Milano, Politecnico di Bari) ed è stato per un periodo di 6 mesi all’università Johannes Kepler di Linz. Di cosa ti occupi attualmente? A che progetti stai lavorando? “Sintetizzo e studio materiali epitassiali ed eterostrutture per applicazioni nel campo dell'elettronica e nuove (nano)tecnologie. A Berlino mi occupo di materiali a transizione di fase, che sono tra i candidati più promettenti per la prossima generazione di memorie a stato solido, tassello fondamentale dell'Internet Of Things e dello sviluppo delle smart city. É da poco iniziato un progetto europeo che coinvolge anche ST Microelectronics (ad Agrate Brianza) mirato all’utilizzo di questa tecnologia nel settore automotive (smart driving). Nel prossimo futuro sarò impegnato anche della crescita di nuovi materiali bidimensionali”. Perché ti trovi a Berlino? “Una volta concluso il dottorato ho continuato con un assegno di ricerca, prima al Politecnico e poi al CNR-IMM. Quando quattro anni fa ho avuto questa possibilità lavorativa, in un istituto prestigioso per l’epitassia da fasci molecolari e in un gruppo conosciuto nel settore, ho pensato fosse un'opportunità di accrescimento professionale e personale. E in generale l’esperienza all’estero è un valore aggiunto nella carriera di un ricercatore”. Com'era Stefano da piccolo? Quando è nata la passione per la scienza? “Non c'è un momento preciso. Mi è sempre piaciuta la scienza, penso che mio padre sia stato il primo ad avermi dato un background scientifico. Come tanti miei coetanei ho seguito fin da bambino i programmi di divulgazione di Piero Angela e altri documentari naturalistici. Ricordo in particolare le lezioni di fisica dei primi due anni del liceo: l’approccio sperimentale e molto pratico della nostra professoressa mi ha incuriosito”. Oltre al tuo lavoro, hai altri hobby? “Assolutamente sì! La musica è la mia principale passione. Ho cominciato con la tromba durante le scuole medie, frequentando i corsi di musica del corpo musicale Santa Cecilia di Inveruno, dove ho poi suonato fino alla mia partenza. A Berlino suono nella bigband dell’università Humboldt. Ho recitato per anni assieme all’associazione Palcattak e partecipo tuttora quando possibile alle attività di Rockantina’s friends, dove nel corso degli anni ho acquisito una particolare 'expertise' nella frittura delle patatine. Infine, sono attivo anche nella vita politica: nei 5 anni passati sono stato consigliere comunale del Comune di Inveruno”. Progetti per il futuro? Sogni nel cassetto? “Scientificamente parlando, mi piacerebbe continuare a fare questo 'mestiere', e farlo con la spensieratezza che ha caratterizzato il mio dottorato. Purtroppo la competizione è tanta e le prospettive sono poco prevedibili. Spero di avere in futuro più studenti da poter formare e a cui trasmettere la mia passione e le mie 'ricette'. Mi piacerebbe pure potermi ritagliare del tempo per concludere gli studi di musica che ho interrotto durante il dottorato. Da poco meno di due anni, inoltre, sono diventato papà, non mi dispiacerebbe in futuro poter rientrare in Italia”.