Una domenica di pioggia può svelare molte storie diverse tra loro. Siamo andati alla scoperta di luoghi del nostro territorio, un esempio per tante nostre preziose realtà.
Una domenica di pioggia può svelare molte storie: un pranzo a casa di amici, un pomeriggio sul divano in compagnia di un buon libro, una passeggiata sotto l’ombrello. Una strimpellata con la vecchia chitarra sommersa dalla polvere, tra un giro di “Do” e un bicchiere di birra. C’è anche chi si rifugia in uno dei tanti centri commerciali colmi di gente intenta a curiosare tra gli scaffali. C’è chi invece sceglie di passare qualche ora in un cinema multisala, al fine di venire ammaliato da una delle tante locandine esposte, e rifugiarsi in una sala fatta di dolby surround impregnato dal profumo di pop-corn. Poltronissime rosse e maxi schermo 3D. Tutto ad un ritmo troppo veloce e ad alto volume. Un biglietto stampato e strappato da una bella ragazza con una divisa giallo canarino. Pavimentazione lucida e illuminazione da night. La pista di atterraggio di un jet da accesso alle ampie sale. Basta scegliere il film che si vuole vedere. Tutti al proprio posto. Con il beverone stretto nelle mani. American style, oggi fa figo più che mai. Nulla di tutto ciò attrae la mia indole. Troppo artificiale, distaccato. Voglio camminare al passo con la pioggia, scandendo bene il movimento delle gambe, e sincronizzarmi con le gocce d’acqua che rimbalzano sull’asfalto. Via Leopardi. In fondo al paese, sulla strada che porta a Robecchetto. Parto da lì. Proseguo percorrendo la via San Rocco, fino alla Piazza intitolata a San Giorgio. Mi perdo in strade antiche. Fino a via Cicogna. Cammino ancora, fino a un improvvisato parcheggio sterrato. La pioggia copiosa fa da filtro al mio sguardo, ma l’insegna si legge bene. Un grosso elefante a mo’ di cartone animato invade la vista. E’ il cinema del paese. Nulla a che vedere con i multisala, è un’altra cosa. I cinema “moderni” dove proiettano dieci film contemporaneamente sono diversi. Sono solo nelle grandi città. Questa è la “Sala della comunità”. Ha un’intonazione vintage questo cinematografo, ha il sapore dei tempi andati, quelli che vivono solamente nei racconti dei genitori, o dei nonni. Quei cinema raccontati che avevano il sapore di una gazzosa e di una stringa alla liquirizia. Erano la tregua della domenica, dopo una settimana di lavoro nei campi. Li ricordano sempre con tanta nostalgia, i nostri vecchi. In queste sale cinematografiche si può entrare anche a film iniziato. Singolare approccio, quasi atavico. La signora alla biglietteria riconosce tutti quanti. Lo spettatore arriva da vicino. Si scambiano sempre due parole. Strappa il biglietto e augura a tutti una buona visione. Non ci sono posti a sedere assegnati da un computer nella “Sala della comunità”. La libertà di sedersi dove si vuole è una legge non scritta, ma da tutti rispettata. Ci si guarda attorno quando si entra in sala: bambini accompagnati dai genitori, adolescenti dall’atteggiamento adulto, anziani con la camicia bianca della “festa”. C’è anche qualche persona di mezza età assorta nella solitudine, probabilmente è venuta al cinema per dormire, come si faceva tanti anni fa. Mi lascio andare e mi faccio sopraffare dai pensieri. Lascio scorrere la pellicola, incurante della trama. Mi avvolgo in una sceneggiatura solo mia: pellicole in bianco e nero prive di contrasti, Totò, “Nuovo Cinema Paradiso”, la fatica di un bambino mentre ruota la manovella di un proiettore d’altri tempi. Nella platea si sente respirare la vita, quella semplice di un tempo fatta di sacrifici e valori. Oggi, per scontati fattori commerciali, ci vuole coraggio a tenere vivo un cinema di paese. Ma a Cuggiono la gente è audace, come un tempo. Il cinema deve funzionare per la comunità. Qui si sentono ancora le grida dei bambini che durante l’intervallo corrono a comprare le caramelle. Si può ascoltare il rumore delle monete che cadono vicino il bancone del bar e vedere i “vecchi” che si godono il caffè. Ci si affretta quando le luci calano di intensità e l’intervallo sta per finire. Ognuno corre al proprio posto, e si siede per il secondo tempo. E’ di nuovo buio nella sala, tutti ritornano in silenzio con lo sguardo rivolto verso lo schermo, fino ai titoli di coda. Quando parte l’applauso per lo spettacolo che sta per finire. Si riaccendono le luci. Lentamente e ordinatamente si lasciano le poltrone rosse, facendo sbattere la seduta nel ritorno alla posizione verticale. Il film è finito, ma nessuno è assillato dalla fretta di correre via. C’è socialità fuori dal cinema, c’è ancora la necessità di un rapporto umano, come un tempo, quando ci si ritrovava al bar dove c’era l’unica televisione del centro abitato. E’ la vita di paese, un privilegio dei giorni nostri. Oramai per pochi. E’ stato un bel film quello di oggi. Sono tutti contenti: spettatori cuggionesi, gente venuta da fuori e volontari che con passione, settimana dopo settimana, tengono viva la fiamma del cinema di Cuggiono. Ha quasi smesso di piovere, non serve riaprire l’ombrello. Ci gioco facendolo roteare nel palmo della mano, mentre salto in una pozzanghera a piedi uniti facendo schizzare l’acqua. Sono giochi di paese, per bambini. Sono nostalgie di tempi lontani, per adulti. M’incammino verso casa. E’ una piacevole serata, questa.