Si dice, si prova a dire, che “porti chiusi” voglia dire meno morti in mare, quasi a giustificare un atteggiamento che possa tranquillizzare le coscienze dell’opinione.
Si dice, si prova a dire, che “porti chiusi” voglia dire meno morti in mare, quasi a giustificare un atteggiamento che possa tranquillizzare le coscienze dell’opinione pubblica. Ma qualcosa non torna, ed il dibattito popolare (sia social che diretto), inizia a domandarsi se effettivamente queste prese di posizione siano utili, lecite e ‘umane’. Se infatti fino a pochi mesi fa l’indirizzo di opionione era verso una chiusura ai migranti, progressivamente dubbi morali, religiosi (come la non discutibile presa di posizione di Papa Francesco e di tutte le gerarchie cattoliche), etici, hanno iniziato a smussare i ‘duri e puri’. Con ribaltamenti statistici prima che effettivi. Ma partiamo dai numeri. Recentemente, il Ministro dell’Interno Matteo Salvini, ospite di Bruno Vespa a Porta a Porta, ha presentato tre cartelli per mostrare i risultati del suo lavoro sul tema immigrazione: uno sul numero degli sbarchi, uno sull’accoglienza e uno sul numero dei morti. E sull’ultimo punto qualcosa non torna. Secondo il cartello ‘Morti in mare’ nel 2017 sarebbero decedute 210 persone, l’anno dopo 23. Per Salvini si tratta di numeri accertati e “non quelli presunti o denunciati dalle Ong”. Siamo così andati a ricercare i dati pubblicati dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) in un documento del 13 dicembre 2018. Secondo l’UNHCR, tra il mese di gennaio del 2017 e il mese di novembre 2018, le vittime accertate sarebbero di gran lunga superiori rispetto a quelle mostrate in televisione. Nella sola area centrale del mar Mediterraneo risultano 1276 morti e dispersi accertati. Nelle tabelle del documento possiamo notare la media tra morti e dispersi nella tratta verso il nostro Paese: nel 2017 tocchiamo le 24,5 unità ogni 1000 arrivi contro i 55,6 del 2018. Certo, si può dire che i morti complessivi siano calati dai 2872 nel 2017 ai 1276 del 2018, ma il Mar Mediterraneo rimane comunque un cimitero a cielo aperto. L’Europa, purtroppo, non solo non sta a guardare, ma nemmeno ad aiutare. Ma la domanda è: lasceremmo davvero sulle navi i nostri figli? Come il ragazzo morto con una pagella cucita nella tasca della giacca, unica ‘prova’ che era un ragazzo ‘bravo’, normale, che voleva solo studiare, lavorare, vivere...
CARITAS: "A NOSTRE SPESE COLORO CHE NE HANNO DIRITTO"
Le Caritas della Lombardia non allontaneranno dai centri di accoglienza che gestiscono i migranti che ne perderanno il diritto in applicazione del cosiddetto Decreto Salvini. Gli ospiti rimarranno nei centri, a totale carico degli organismi ecclesiali. La decisione - comunicata dal direttore della Caritas Ambrosiana e delegato regionale, Luciano Gualzetti - riguarderà, in particolare, i titolari di permesso per motivi umanitari e coloro che riceveranno il nuovo permesso per protezione speciale che non potrebbero più essere accolti nel nuovo sistema di accoglienza (ex Sprar). Si stima che saranno quindi almeno 500 gli ospiti che beneficeranno di questa scelta e che, diversamente, secondo il nuovo provvedimento del governo tradotto nella legge 132/18, sarebbero usciti dal sistema di protezione. Inoltre, Gualzetti ha anche annunciato che se le Caritas diocesane parteciperanno alle nuove convezioni con le prefetture, continueranno in ogni caso a garantire, sempre a proprie spese, i percorsi di integrazione avviati: corsi professionali, tirocini in azienda. Su 26.864 ospiti complessivi accolti in Lombardia, attualmente sono 4.514 i migranti presenti nelle strutture delle dieci diocesi lombarde. “Rispettiamo le istituzioni e collaboriamo lealmente con loro, ma in questo caso la nostra coscienza ci impone di andare oltre quanto previsto dallo Stato, per il bene dei nostri ospiti”.