La protesta che sta bloccando la Francia, tra diritti dei cittadini e alcune esagerazioni.
Non è l’ultimo capo di tendenza prima del Black Friday: il “giubbotto giallo” è il gilet catarifrangente che ognuno ha sulla propria auto, ma che in Francia è diventato il simbolo di una protesta a livello nazionale. A partire da sabato, sono più di 280 000 i “Gilets jaunes” che hanno solcato le grigie strade autunnali per far sentire la loro voce di fronte all’aumento delle tasse sul carburante. Tuttavia, la decisione del governo di porre fine agli incentivi sul diesel risulta essere solo la punta dell’iceberg di una rivolta popolare. Si parla di “rabbia”, di frustrazione di una classe media di provincia, stanca di essere messa in secondo piano rispetto alla capitale, dove la borghesia parigina è “ecologista per privilegio”. Così, sfoderando l’innato animo rivoluzionario, migliaia di francesi bloccano diversi punti strategici della circolazione stradale e numerosi depositi di carburante, contestando il governo di Macron e manifestando un sentimento di abbandono da parte dello Stato. Ma purtroppo, come spesso accade, la rabbia generica degenera. Due omosessuali sono aggrediti, un’automobilista è respinta con dei “Torna da dove sei venuta” o “Ne abbiamo abbastanza di queste storie di Neri”, mentre una donna islamica viene umiliata con smorfie ed è costretta a togliersi il velo. Ma su chi è davvero puntata la spada? E come finirà la protesta?
La protesta degenera in scontri a Parigi, i video di Andrea Perino: