La tradizione vuole che a San Martino nel mio paese ci siano sempre stati tre giorni di festa e una grandissima fiera. Per tutti questa fiera era l’occasione di fare acquisti.
La tradizione vuole che a San Martino nel mio paese ci siano sempre stati tre giorni di festa e una grandissima fiera. Per tutti questa fiera era l’occasione di fare acquisti importanti per l’inverno, solitamente si comprava il cappotto o le scarpe nuove. Io però vivevo in frazione e raggiungere il paese era come fare un viaggio verso la città, l’unico mezzo a disposizione a quel tempo era la bicicletta, ma io e i miei fratelli eravamo troppo piccoli per averne una tutta nostra, l’unico modo per raggiungere la fiera era il passaggio sulla canna della bicicletta del papà. Dovevamo però fare a turno, sulla canna ci andava chi per quell’anno doveva comprare il cappotto e che quindi doveva sceglierlo e provarlo, gli altri dovevano rimanere a casa in attesa di vedere tornare mamma e papà carichi di borse con gli acquisti. Al di là di acquisti importanti ogni anno però ce n’era uno che non doveva mancare, raccomandavamo infatti infinite volte al papà di ricordarsi di comprare la borsa con le “scatolette”. Iniziavano in quegli anni a vedersi i primi cibi confezionati e pronti, una grande novità per noi che eravamo abituati alla minestra e ai cibi che l’orto e il pollaio ci offrivano e quegli strani cibi a noi bambini piacevano tanto. Una bancarella della fiera proponeva appunto un sacchetto preconfezionato con una gran quantità di scatolette contenenti tonno, acciughe, e vari tipi di sottaceti. Era una bancarella molto ambita un po’ perchè quei cibi erano molto economici e un po’ perchè erano moderni, e per la gioia del commerciante ci si doveva mettere in coda per una buona mezz’ora prima di riuscire a fare il proprio acquisto. Io ricordo che per tutta la mattina rimanevamo a casa in attesa del ritorno dei nostri genitori e appena scorgevamo la loro figura arrivare da lontano correvamo a loro incontro per assicurarci che ci fosse quel famoso sacchetto. Il vederlo per noi era una grande festa. Quel mezzogiorno avremmo mangiato le scatolette di tonno, buonissime! Tutte le altre scatolette le conservavamo con cura per le feste natalizie perchè sarebbero diventate antipasti e contorni dei grandi pranzi di famiglia. Ora che siamo abituati ai cibi moderni viene da sorridere al pensiero che una scatoletta era sinonimo di modernità e lusso, ma a quell’epoca, soprattutto a noi bambini, bastava la semplicità di una fiera di paese, con un astuto commerciante, per renderci felici. (Nonna Mariarosa - Furato di Inveruno, anni 50)