Un’eventuale mancanza di accordo costituirebbe il tanto temuto dai mercati “No deal” , il pericolo di una Brexit sregolata e caotica, con conseguenze, anche per l’Europa.
Nessuno dei due delegati alle trattative sulla base dell’art. 50 del TUE ne parla, ma la possibilità che il dialogo tra Dominic Raab, rappresentante dell’UK, e Michel Barnier, rappresentante dell’UE, si concluda in un nulla di fatto è meno remota di quanto si possa pensare. Certo, nulla rimarrà intentato, compresa, in extrema ratio, una manovra di diluizione delle relative posizioni; una sorta di zuppa né di carne né di pesce, per non accontentare nessuno, ma neppure sfavorire qualcuno. Al momento, però, siamo ancora lontani da questa prospettiva, ma il tempo inizia a stringere. Un rapido flash back per inquadrare la situazione ci dice che, se per alcuni punti siamo vicini ad un accordo, per altrettanti la distanza è siderale. La May ha presentato, ormai un anno fa, la sua proposta di Brexit, il piano Cheques, tracciando le linee guida del governo londinese: libero scambio di merci con l’UE, ma non di servizi e capitali; stop alla libera circolazione delle persone; all’UK piena sovranità sull’Irlanda del Nord. Ma se per i primi due punti l’okay sembra ad un passo già da marzo, la questione Irlandese pare essersi incagliata sul “no” inglese alla proposta europea. Barnier, davanti al problema che si sarebbe creato nel dover porre una frontiera tra il Nord Irlanda e l’Irlanda stessa, aveva proposto l’istituzione di una zona doganale comune per tutta l’isola irlandese, vedendosi sbarrare, però, la strada dalla May, che non ha esitato nel rivendicare la piena sovranità sul Nord Irlanda. Ma non solo: i punti di no-deal, dal debito inglese verso l’Ue, passando per il ruolo della Corte di Giustizia, fino alle tempistiche di uscita e i diritti dei cittadini UE in UK, sono nettamente di più e lo scontro pare non avere via d’uscita. Stando alla May non necessariamente dovrà averla, ma su questo dubitiamo. La volta buona per trovare l’accordo potrebbe essere il vertice europeo del 18-19 ottobre, ma se anche questo incontro andrà a vuoto, due sono le strade: il tentativo di un incontro straordinario, oppure l’attesa dell’ultimo meeting utile per ratificare l’intesa, il 13-14 dicembre, quando la maggioranza qualificata del Consiglio Europeo dovrà votare a favore o contro l’eventuale accordo. Un’eventuale mancanza di accordo costituirebbe il tanto temuto dai mercati “No deal” , il pericolo di una Brexit sregolata e caotica, con conseguenze, tra l’altro, anche per l’Europa.