La tradizione la colloca l’ultimo giovedì di gennaio. E’ la notte della Giubiana. Un appuntamento che si perde nei tempi con un’orgine vaga ed incerta. Alcuni sostengono che esso derivi dal culto alla divinità di Giunone, altri ancora lo ricollegano a Giove, giovedì: il nome deriverebbe dal dio latino “Jupiter-Jovis”, da cui l’aggettivo Giovia e quindi Giobia per indicare le feste contadine di inizio anno per propiziare le forze della natura che, secondo la credenza popolare, condizionano l’andamento dei raccolti. La leggenda narra invece questa storia: “La Gibiana è una strega, spesso magra, con le gambe molto lunghe e le calze rosse. Vive nei boschi e grazie alle sue lunghe gambe, non mette mai piede a terra, ma si sposta di albero in albero. Così osserva tutti. E l’ultimo giovedì di gennaio va alla ricerca di qualche bambino da mangiare. Ma una mamma, che voleva molto bene al suo bambino, le tese una trappola. Preparò una gran pentola piena di risotto giallo (zafferano) con la luganega (salsiccia), e lo mise sulla finestra. La Gibiana sentì il buon odore e corse con la sua scopa, verso la pentola e cominciò a mangiare il risotto. Il risotto era tanto ma era così buono, che la Gibiana non si accorse che stava per arrivare il sole. Il sole uccide le streghe, così il bambino fu salvo”. Per un motivo o per un altro, la tradizione è la tradizione e da Magnago a Vanzaghello, da Buscate a Turbigo, passando per Inveruno e fino all’area di Busto Arsizio, la festa si è ripetuta anche quest’anno.