"Quand’ero bambina settembre significava vendemmia, ed era bellissimo. Sapevo che ci si doveva preparare per grandi fatiche ma voleva anche dire allegria"...
Quand’ero bambina settembre significava vendemmia, ed era bellissimo. Sapevo che ci si doveva preparare per grandi fatiche ma voleva anche dire allegria e tanti festeggiamenti in famiglia. Incominciavo ad eccitarmi quando vedevo il nonno e il papà che tiravano fuori i mastelli ed i tini e per qualche giorno li mettevano a mollo nell’acqua per far rigonfiare il legno che durante tutto l’anno si era rinsecchito, in seguito poi li lavavano molto bene tanto da renderli come nuovi. La nonna e la mamma invece cominciavano a fare i preparativi per il pranzo finale. Si guardava poi al cielo e quando l’esperienza dei vecchi diceva che per almeno due giorni ci sarebbe stato bel tempo si cominciava. Quel giorno io e tutta la mia famiglia ci alzavamo presto, aspettavamo tutti i parenti che per l’occasione venivano a darci una mano sicuri che poi noi l’avremmo data a loro e si partiva per la vigna. Si caricava il carro con tutte le ceste e noi bambini sopra le ceste ci facevamo dare un passaggio. Una volta arrivati alla vigna ognuno prendeva una cesta e tutti cantando a squarciagola la riempivano con quanti più grappoli possibili. A me e agli altri bambini era riservato il compito di raccogliere tutti i chicchi che accidentalmente finivano per terra perchè nulla doveva essere sprecato. A sera, quando il carro era stracolmo, sfiniti si tornava a casa ma io aspettavo il giorno dopo che per me era il più bello. L’uva raccolta doveva essere pigiata e questo compito spettava ai più piccoli: io, i miei due fratelli e i tre cuginetti. Gli adulti ci riempivano i mastelli con l’uva e noi balzavamo dentro e con i nostri piedini, non proprio lavati e disinfettati, gli saltavamo sopra schiacciando tutta quell’uva fino a far scendere il succo profumato. Facevamo a gara a chi riusciva a schiacciarne di più, era un gran divertimento. Pian piano però le forze venivano meno e le gambe cominciavano a bruciare ma gli adulti con qualche battuta scherzosa e cantando allegre canzoni ci davano la forza per continuare fino a che l’uva terminava. Quasi sempre si riusciva a terminare per mezzogiorno e a quel punto si faceva un grande pranzo tutti insieme e riposandoci si rideva e si scherzava fino a sera. Per i grandi il bicchiere di vino non poteva mancare e a noi piccoli veniva dato in via eccezionale un bicchiere di quel succo appena prodotto, era il nostro vino. Erano momenti semplici di vita quotidiana che vivevamo intensamente e che riuscivano a rafforzare l’unione in famiglia facendo sentire ognuno parte importante persino noi piccolini. Che bei ricordi!
Nonna Tina - Inveruno, fine anni ‘40