Se un mondo virtuale risulta epico e memorabile è, in buona parte, grazie al reparto visivo. Le ispirazioni e contaminazioni artistiche rendono il videogioco un capolavoro.
Dare una definizione di Arte è tutt’altro che semplice. Generalmente, quando si parla di vera rivoluzione, è sempre la tecnologia più moderna del tempo a offrire nuove possibilità espressive.
Infatti, se la pittura impressionista ha assunto le proprie caratteristiche di arte “da passeggio”, è stato grazie alla messa in commercio dei tubetti di tempera tascabili. L’astrattismo e l’espressionismo hanno iniziato a esprimere qualcosa di più profondo della semplice immagine figurativa, perché a mostrare la realtà così com’è ci pensava la neonata fotografia. I Futuristi non avrebbero mai elogiato e rappresentato la velocità se non ci fossero stati i treni, gli aeroplani e, purtroppo, tutto il caos originato dalla guerra.
Perciò, perché non riconoscere che il mondo virtuale sia l’espressione del nostro tempo e il primo passo verso ciò che sarà il nostro futuro? Dunque, sì, il videogioco può essere considerato arte.
Esplorare un capolavoro
Una fonte inesauribile di scoperta, da che mondo e mondo, è fornita dai castelli. Quale bambino non è mai rimasto affascinato dalla mole e dall’originalità di un simile edificio medievale? Esplorare un castello e conoscerlo, nel nostro piccolo, è come una vittoria contro una creatura immensa. Con ‘ICO’, il desiderio di scoperta viene colmato alla perfezione.
Molte favole cominciano ambientate in un castello. Ben Mottershead introduce così il suo libro ‘ICO, una favola dell’era digitale’: “L’incubo di ICO (il protagonista del gioco ndr.) ebbe inizio il giorno in cui venne alla luce. Subito dopo esser stato preso in braccio per la prima volta, un urlo risuonò tetro nell’oscurità della notte dinanzi alla vista del Presagio: due corna, seppur ancora corte, fuoriuscivano ben visibili dalla testa del neonato.”
Un drammatico prologo, per una favola. Il gioco inizia nel giorno in cui Ico compie dodici anni e viene scortato in una fortezza da cavalieri senza volto, come da secolare tradizione, strappandolo alla famiglia che non oppone alcuna resistenza. Sanno già che il suo destino è segnato. Qui Ico venne imprigionato in un pesante sarcofago di pietra, affiancato da altre “tombe” simili, in file che dal pavimento raggiungevano il soffitto dell’immensa stanza. La premessa narrativa è tutt’altro che originale, ma si appoggia ad una tradizione di fiabe come quelle dei fratelli Grimm o di Andersen.
Quando diventa possibile prendere il controllo del protagonista, può iniziare l’esplorazione della fortezza in cerca di una via di fuga, in compagnia di un’esile e taciturna ragazza, anche lei prigioniera. I due tendono a stare sempre insieme, tenendosi per mano addirittura, perché durante la loro fuga incontrano una moltitudine di nemici, sottoforma di ombre, decisi a fermare la loro avanzata per riportare la fanciulla nella sua prigione. Non vi sono indicatori a schermo durante la partita: né barre della vita né bussole che aiutino l’orientamento. Solo questi due giovani in fuga all’interno di un immenso castello ricreato con tinte pastello, talvolta dai colori vibranti nelle locazioni esterne, altre volte cupe nei sotterranei, ma sempre volte a ricreare l’effetto di un continuo quadro in movimento. Tutta l’avventura si svolge all’interno delle mura del maniero.
Qui sotto, il confronto tra l’interno della fortezza di ICO e le complesse stampe di Giovanni Battista Piranesi: ‘Carceri d’invenzione, XI - L'arco con la conchiglia’, 1761.
Natura e avventura
Talvolta la poesia esalta la grandezza e la potenza della natura, la sua perfezione e la sua infinita bellezza. La poesia usa parole, il videogioco usa immagini e immedesimazione. E se miscelassimo il tutto, portandolo in un contesto da tradizione giapponese? Ne risulterebbe una stampa artistica in movimento, un ukiyo-e interattivo che, seppur effimero, è capace di coinvolgere emotivamente il giocatore. Le stampe giapponesi del periodo Edo raffiguravano “immagini del mondo fluttuante”, le schermate di ‘Okami’ entrano nel contesto dell’isola incerta. Un’analogia non da poco.
In ‘Okami’ il giocatore viene chiamato ad impersonare la ‘dea del Sole’, Amaterasu, sottoforma di niveo lupo, per dissolvere una maledizione demoniaca e riportare le terre di Nippon (il nome suggerisce un riferimento al Giappone) al loro antico splendore. Le versioni del gioco che prevedono l’utilizzo di un controller interattivo come il telecomando di Nintendo Wii e PlayStation Move sono quelle che rendono l’esperienza più genuina. Infatti, il protagonista è in possesso di un “pennello divino”, che permette di bonificare l’area di gioco. Un esempio: tracciando un cerchio su un albero secco, esso verrà rinvigorito, ricresceranno le foglie e tutta la vegetazione dell’area tornerà in vita. Queste sequenze vengono riportate, anzi dipinte splendidamente a schermo attraverso un’esplosione di colori e di musica, e sono un vero piacere per i sensi. Anche l’ingresso in certe nuove aree comporta delle sequenze mozzafiato, in una vera e propria vertigine sensoriale.
‘Okami HD’ è un’edizione rimasterizzata per PlayStation 4, che è possibile apprezzare da questo trailer. Ormai, non ci sono veramente più scuse per non recuperare questa perla videoludica.