Facebook, Cambridge Analytica e lo sfruttamento dei dati personali.
Un prodotto non è tale se non è venduto, e quindi, se un prodotto è gratis significa che il vero prodotto sei TU. È una fondamentale verità del marketing, che ci spiega che: se Facebook ci fornisce il proprio servizio di social network in maniera gratuita, è perché il vero bene prezioso per Zuckerberg & co. siamo proprio noi e i nostri dati personali.
Il caso Cambridge Analytica
Abbiamo sentito tutti parlare del caso Cambridge Analytica, la più clamorosa violazione di dati personali di tutti i tempi: i dati presenti su oltre 50 milioni di profili sul social network sono stati sottratti illegalmente dalla società privata statunitense attraverso la somministrazione via Facebook ai diretti interessati di un innocuo questionario, senza che gli utenti ne conoscessero gli scopi reali. Il motto di Cambridge Analytica è “I dati guidano tutto ciò che facciamo”; la società dichiara di utilizzare i dati in direzione commerciale o politica per “cambiare il comportamento dei pubblici”. Ed è ora sospettata di aver influenzato i risultati delle elezioni presidenziali statunitensi con il tacito assenso di Facebook, ben consapevole degli intenti quanto meno truffaldini di Cambridge Analytica, a cui non è mai stato impedito l’accesso al social network.
La consapevolezza del trattamento dei dati personali
La negligenza di Facebook è palese, ma questo caso fa emergere ancora una volta il problema della scarsa consapevolezza degli utenti del trattamento dei propri dati personali, il grande dilemma dell’epoca del web. Perché tutti gli utenti che hanno partecipato al questionario di cui sopra, hanno scelto di farlo volontariamente, seppur ignari delle sue reali finalità. Una cosa che facciamo tutti quando autorizziamo, per esempio, un’applicazione di Facebook ad avere accesso ai nostri dati (fateci caso la prossima volta). Ma nessuno si mette veramente a leggere i termini e le condizioni del servizio - altrimenti tutti sapremmo che inviando una foto personale con Gmail concediamo automaticamente a Google una licenza globale di riutilizzo della foto stessa (sì, davvero).
Il vero problema, quindi, non è tanto smettere di usare questi servizi, ma comprendere fino in fondo cosa questo comporta e rendere gli utenti davvero consapevoli delle conseguenze.