Ci sono videogiocatori che amano immedesimarsi in una trama complessa, mentre altri prediligono l’azione, perché sono loro stessi a costruire la storia. Voi da che parte state?
L’emozione che è in grado di suscitare una storia ben scritta si trasforma spesso in un ricordo indelebile nella memoria e nel cuore. Questo avviene perché, per svariati motivi, questa storia tocca le corde più sensibili della persona: un ricordo, un’esperienza, un desiderio, un rimorso. Attraverso la lettura tutta l’azione si svolge nella nostra immaginazione, in una sala cinematografica restiamo incantati dalle immagini e avvolti dalla musica, ma cosa avviene quando è un videogioco a travolgerci? Restiamo avviluppati dalle immagini, dalla musica e dall’immaginazione, dalla logica e dalla memoria alla quale dobbiamo attingere, da infondere poi nelle azioni dell’avatar, il personaggio digitale che stiamo controllando. Videogiocare comporta un totale coinvolgimento di sensi e concentrazione: una sfida, cerebrale o fisica, un ruolo da recitare, oppure una turbolenza emotiva tale da generare la vertigine. L’antropologo Roger Callois evidenzia tutti questi aspetti nei giochi tradizionali, ma sono facilmente traslabili anche verso l’esperienza videoludica. La fruizione di un videogioco possiede quindi una doppia anima: quella di puro intrattenimento e quella emozionale.
Le due anime dei videogiochi
David Cage è un nome ben conosciuto nel mondo videoludico. Diventato famoso grazie al successo di ‘Heavy Rain’, che ebbe una risonanza potentissima nel 2010, all’epoca della sua pubblicazione, ha saputo reinterpretare la narrazione interattiva soprattutto nel suo far leva verso l’aspetto emotivo. In un’intervista rilasciata a ‘Empire’, Cage afferma: “Mi sono reso conto che si è molto più interessati e motivati nel raccontare qualcosa quando lo si è vissuto in prima persona. [...] La base di partenza per ‘Heavy Rain’ è stato il rapporto con mio figlio, e tutte le responsabilità che ne derivano. [...] In ‘Heavy Rain’ volevo trattare argomenti senza tempo e in grado di colpire profondamente l’animo umano: l’amore, il sacrificio, la redenzione.” Continua in un’intervista su ‘Players Magazine’, intitolata ‘L’uomo della pioggia’: “Proviamo a vedere come (i videogiochi, ndr) possano essere affascinanti, ispiranti, scioccanti, riflessivi… così creeremo una nuova forma di espressione interattiva.” ‘Heavy Rain’ è come un complesso ‘Cluedo’, che presenta una formula di gioco mai vista prima. Infatti non richiede una gran prontezza di riflessi, né uno spiccato senso deduttivo. Pur non mancando di un reparto ludico, il gioco propone principalmente di ispezionare gli ambienti, relazionarsi con i personaggi ed eseguire alcune scelte che influenzeranno la trama generale, chiedendo al giocatore di essere anche il regista di una storia noir che porterà a uno dei 17 finali verso lo smascheramento di un misterioso killer dell’origami, diventato tristemente famoso perché lascia un origami in mano alle giovani vittime, assassinate annegandole durante le giornate di pioggia. Si intrecciano così le vicende di cinque personaggi, ciascuno con le capacità di risolvere l’enigma, ma anche dotati di difetti, scoperti a poco a poco, che potrebbero identificare l’assassino in uno di loro, ma allo stesso tempo anche scagionarli.
Ogni scelta va ponderata con attenzione. I personaggi ricorderanno le risposte e anche il più piccolo atteggiamento o risposta può influenzare l’andamento della trama verso uno dei molteplici finali.
Con ‘Beyond: due anime’, nel 2013, David Cage si spinge oltre. Racconta la storia di Jodie Holmes, una ragazza costretta a crescere sotto stretta osservazione di un ente governativo perché possa aiutarla a controllare la sua strana connessione con uno spirito che potrebbe essere un poltergeist. Il giocatore accompagna la protagonista (e vi si affeziona, eccome se si affeziona) lungo tutta la sua crescita, dall’abbandono forzato della famiglia, attraversando la difficile infanzia, la sua turbolenta adolescenza, fino alla maturità che la porterà in un’avventura alla scoperta di se stessa, dei suoi poteri connessi alla strana entità chiamata Aiden (con il quale ha un legame simbiontico) e scongiurare la possibilità che un mondo parallelo e spaventoso possa collidere con il nostro. La struttura narrativa in questo caso si fa più frammentata e cinematografica. Ogni capitolo viene presentato non in ordine cronologico, bensì in modo casuale, perciò potremmo trovarci a passare da una sessione di addestramento intensivo con la pistola in età adulta alla preparazione di una festa tra coetanei per una Jodie adolescente. Un montaggio che pesca a piene mani dal cinema di un grandissimo regista visionario: Christopher Nolan, con il suo ‘Memento'. Questo è un espediente perfetto per incuriosire il giocatore, perché così diventa impossibile prevedere la direzione che prenderà la storia, nonostante presenti la possibilità di compiere delle scelte importanti di trama che porteranno a molteplici finali. Lungo la storia, Jodie incontrerà molti personaggi dal background complesso, alcuni coinvolti in storie davvero commoventi, proprio come avviene in ‘Heavy Rain’.
Non è soltanto la potenza della storia quella sulla quale si concentra lo studio di David Cage, ma anche quella del motore grafico che hanno sviluppato. L’aspetto visivo gioca un ruolo fondamentale, sempre più orientato al fotorealismo, che si avvale di sofisticate tecniche di motion capture e alle capacità recitative di famosi attori di Hollywood, come Ellen Page e Willem Dafoe.
L’effetto farfalla
Cage ha espresso il desiderio che qualcun altro prendesse in mano questo tipo di meccanica e la evolvesse in nuove storie. Chi ha raccolto il testimone è stato lo studio di sviluppo francese Dontnod Entertainment con ‘Life is strange’: una commovente storia che sfrutta appieno il potenziale dato dalle storie ramificate. Mettendo in mano alla protagonista il potere di riavvolgere brevemente il tempo, apre una riflessione sul significato e le conseguenze di ogni scelta che si affronta nella vita, dando un senso profondo al concetto dell’effetto farfalla. Un altro studio di sviluppo che punta tutto sulla narrazione è Telltale Games, ma quello delle avventure grafiche è un argomento così vasto che verrà affrontato in un articolo dedicato.
Una storia personale
Per citare un grandissimo sviluppatore che ha contribuito a definire il futuro dei videogiochi, John Carmack: “La trama in un videogioco, è come la trama in un film porno. Ti aspetti che ci sia, ma in fondo non serve a niente.” Carmack, insieme a John Romero con la loro casa di sviluppo ‘id Software’, ha realizzato ‘Doom’, una pietra miliare nella storia dei videogiochi, la cui trama è semplicemente impersonare un marine pesantemente armato per ripulire una base su marte che è stata invasa da ferocissimi mostri infernali. Il gioco del 1993 puntava tutto sull’azione: era uno sparatutto frenetico e violento, con creature da incubo, sangue e budella spappolate, mosso da un motore grafico all’avanguardia per l’epoca. L’esperienza che fecero i giocatori appartenenti alla cosiddetta “Doom Generation” fu quella di partecipare a una sorta di sviluppo collettivo, perché Carmack rese disponibile in rete, gratuitamente, l’editor di livelli che usavano in studio e aveva organizzato i file del gioco in modo logico perché qualunque utente abbastanza smaliziato con la scrittura di codice potesse personalizzare Doom a piacimento. Questo fece impazzire le case di sviluppo concorrenti, la stampa, ma soprattutto gli appassionati di videogiochi, che finalmente vennero in parte coinvolti nel processo di espansione del gioco all’interno delle comunità web.
Uno degli infernali livelli di Doom, dove si affronta un’orda di creature demoniache. I danni riportati dal giocatore sono rappresentati dal ritratto in centro, sempre più tumefatto mano a mano che viene colpito dai mostri. Mentre i danni agli avversari… beh, sembrano abbastanza evidenti.
Il videogioco, quindi, è un medium perfetto per raccontare storie, ma è il modo in cui lo fa che rende le sue storie uniche. Una trama da videogioco privata dell’impianto interattivo, inevitabilmente risulterà povera, proprio come quell’imbarazzante film tratto proprio da Doom.
Letture consigliate
Videogiochi citati