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Inveruno, Cultura, fanne pARTE

Caterina e la sua arte

Un incontro casuale, una sera. Nel frastuono della musica e delle chiacchiere di un pub due amiche disegnano su dei foglietti qualunque, con un talento fuori dal comune. Un talento che viene notato e da lì... in pochi giorni si ritrovano, invitate a partecipare, catapultate nel mondo di Inverart. “Abbiamo ammucchiato i pochi disegni finiti che avevamo in giro e per quest'anno proviamo così, senza pretese. Esporremo anche degli sketchbooks che contengono un po' di tutto e sono il corrispettivo di un diario: ci sono sketch di luoghi, di eventi, di sensazioni, di impressioni, o banalmente di quello che avevamo voglia di disegnare in un dato momento”. Si racconta a cuore aperto una delle due giovani ragazze, Caterina Puricelli, ventiseienne inverunese, attualmente assorbita dalle ultime fasi del percorso di laurea magistrale in ambito economico, che esporrà le proprie opere, alcune leggere e delicate come un fiore, altre violente e dirompenti come un cuore tenuto tra le mani, al Padiglione d'Arte Giovane di Inveruno...
Da quanto disegni? E' un hobby per il tempo libero, una passione o qualcosa che vorresti legare alla tua professione?
“Disegno... da quando ho memoria: è una cosa che ho sempre fatto senza un obiettivo, senza un piano o delle regole. Mi è sempre piaciuto disegnare, dipingere, modellare, decorare, creare con le mani... Direi che è tutte e tre le cose: hobby perché mi rilassa, permettendomi al contempo di concentrarmi e perché non ho mai avuto una minima formazione artistica; passione perché mi spinge a migliorare, a sperimentare, ad approfondire; infine non mi spiacerebbe affatto avere l'occasione di praticarlo anche in ambito professionale. Certo il mio percorso formativo non mi aiuta in questo senso, ma sono sempre disposta ad imparare cose nuove”.
Quali sono gli artisti o le opere che preferisci di più e perché?
“Non credo di avere artisti preferiti. C'è così tanta arte, così tante variazioni e tecniche che sarebbe restrittivo avere delle preferenze definite e incontestabili. Mi piacerebbe entrare in uno di quegli enormi quadri dei paesaggisti francesi o di Segantini, avere la pazienza e ľabilità nell'imprimere delle dettagliatissime fotografie come Canaletto, stendere i colori come Magritte, avere l'esuberanza di Dalì, ritrarre come Velasquez, ingannare l'occhio come Escher, saper creare la realtà da macchie di colore come Monet, essere evocativa come Turner. E parlo solo di un segmento ristretto dell'arte. In linea di massima direi che preferisco tutte le opere che mi fanno fermare a lungo, mi richiedono lunga contemplazione, mi bloccano per via di un colore, una tecnica, un soggetto, una luce, un'ombra, una sensazione positiva o negativa”.
Cosa rappresenta per te disegnare? Cosa vuoi comunicare?
“In realtà ho sempre vissuto il disegno come qualcosa di intimo, senza pretese e senza necessità di pubblico. Chi mi conosce sa che "la Cate è quella che sa disegnare", questo è quanto. Per me ha probabilmente rappresentato una concessione di compiacimento da me e verso me, anche se non sono mai rimasta soddisfatta da quello che producevo e spesso abbandonavo a metà, o mi limitavo a delle bozze, o gettavo via il foglio. Da ciò si può dedurre che i miei disegni non si sono mai (pre)occupati di comunicare qualcosa: non so se comunichino, cosa possano comunicare, non so nemmeno se debbano farlo in effetti. Non credo di aver ancora sviluppato quel senso "sociale" per cui l'arte debba essere contenutisticamente rilevante, forse è qualcosa che avviene quando sai che ci saranno degli spettatori”.
Quali tecniche preferisci utilizzare per le tue opere?
“La matita è lo strumento principe, ultimamente insieme alla biro: sono i più immediati nell'utilizzo, sono quelli che ho sempre usato per pasticciare banchi e quaderni. Per il resto mi piace sperimentare e anche mischiare. Mi piacciono i colori acrilici, ho provato quelli ad olio, sto facendo tentativi con l'acquarello e sto rivalutando i pastelli. Non sono abbastanza disciplinata per imparare passo per passo ad utilizzare un nuovo mezzo, mi butto senza paracadute e a volte arrivo a padroneggiarlo (più o meno) in fretta, altre volte rimango frustrata dai risultati scarsi. Vado per tentativi e tutto sommato l'autodidattismo è una modalità che non mi dispiace, è libera. Spesso mi piace utilizzare materiali d'avanzo, perché l'arte costosa mi mette un po' di ansia da prestazione”.
Quando disegni da cosa trai ispirazione?
“Dall'umore, dall'agitazione, dalla calma, dalle cose che mi circondano, dai colori, dal rimuginare della mia testa. Ci sono tantissime cose che osservo e vorrei riprodurre, ma poi mi sembrano sempre troppo belle per poterlo fare”.
Cos'è arte per te?
“Potrebbe essere tutto ciò che una persona può produrre ed esprimere tramite congiunzione di testa e mani/voce e che abbia una valenza estetica. E' anche qualcosa che non ha necessariamente una finalità, ma ti dà la sensazione di esserti arricchito come essere umano, o di aver partecipato a qualcosa che si trovi in un'altra dimensione del sentire e del pensare. Vale per l'arte figurativa ma anche per la musica, le due forme d'arte a cui sono più legata”.
Che messaggio vorresti dare ai giovani che come te hanno una grande passione per l'arte?
“Non ne ho idea, forse in ambito artistico dovrei prima recapitare un po' di messaggi a me stessa. Forse suggerirei di provare a costruire forme di collaborazione, di contaminazione, qualsivoglia sia l'arte. Quando ci si coinvolge a vicenda ci sono più stimoli, più confronti, da cui poi si possono creare degli obiettivi più strutturati e questo, a sua volta, porta a migliorarsi ed evolversi. E' una cosa che mi sto sforzando di fare sia con l'arte figurativa che con la musica e spesso i risultati sono superiori allo sforzo. Per me è la prima esperienza "fuori dal guscio", ogni guscio si apre o viene aperto a suo tempo”.
E Inverart, cos'è per te?
“Intimamente è una di quei "must do" della mia vita, ma non mi sono mai sentita all'altezza per pensare seriamente di partecipare. Nemmeno ora, ma ormai ho detto sì. A prescindere da me, mi sembra un'iniziativa in grado di mettere un artista o aspirante artista a proprio agio, di dargli una direzione o molte, di dargli opportunità di conoscere altre realtà, di comunicare, di sperimentare. Mi sembra molto democratico, libero, senza vincoli nell'espressione. Ritengo che questo sia un grande vantaggio, perché ti permette di produrre arte coi tuoi tempi, i tuoi mezzi, le tue capacità, senza eccessive pressioni. Immagino di potermi fare un'idea più chiara al termine di questa esperienza...”

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Per ammirare le sue opere e tutte quelle degli altri giovani artisti visita Inverart 2017

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