Gli occhi fissi davanti, gli sguardi attenti e attorno un silenzio quasi irreale. La gente era letteralmente rapita e catturata, perché la voce che arrivava alle orecchie, ma penetrava dritta nei cuori, andava ben oltre le parole, le frasi, i ricordi. Era la voce dell’amore, della libertà, della volontà, dell’essere lì e in tanti altri posti e realtà, in prima linea , per ribadire ancora e più che mai quei concetti di legalità e di Stato ai quali suo fratello aveva dedicato la vita intera e proprio con la sua stessa vita, alla fine, purtroppo, aveva pagato. “Venticinque anni fa Paolo se ne andava per sempre. Era il 19 luglio 1992, la strage di via D’Amelio. Pochi mesi prima, il 23 maggio, moriva anche Giovanni, assassinato a Capaci. Ma Paolo e Giovanni sono sempre qui con noi, al nostro fianco e ci guidano e ci accompagnano ogni giorno e ogni istante”. Salvatore Borsellino lo ha ripetuto più e più volte; sullo sfondo la piazza di Arconate, appena intitolata appunto ai due giudici antimafia (Falcone e Borsellino), di fronte e accanto, invece, tanti, tantissimi cittadini, le autorità, i rappresentanti delle forze dell’ordine e delle associazioni. “Il tempo si è fermato a quella data - ha continuato - Il ricordo di milioni di persone è fermo a quel terribile giorno. Venticinque anni che non sono mai passati; venticinque anni che sono ogni giorno nei nostri cuori e nelle nostre teste. Nelle orecchie sento ancora la voce di mia madre, nelle ore successive alla scomparsa di mio fratello, che a me e a mia sorella ci dice “Andate dappertutto e parlate del sogno di Paolo. Se se ne parlerà, infatti, lui continuerà a vivere in ciascuno di noi e in ogni persona che incontrerete”. E oggi eccomi qui con voi e con me c’è anche Paolo e ci sono pure Giovanni e tutti coloro che sono morti prima a Capaci e poi in via D’Amelio. Paolo è lassù, però il suo sogno non volerà mai via, perché era ed è un sogno d’amore. Nessuna bomba può e potrà mai uccidere l’amore”. (FOTO ELIUZ PHOTOGRAPHY)