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Attualità

'Dialogo nel buio...'

Non c'è buio se c'è dialogo. Intervista a Franco Lisi, direttore di 'Dialogo nel Buio' presso l'Istituto dei Ciechi di Milano, ci racconta e ci illustra questo percorso.

A ‘Dialodo nel buio’ si incontrano persone che, nonostante tutto, nella vita si pongono degli obiettivi, hanno dei desideri e hanno un potenziale di energia. Franco Lisi, direttore di 'Dialogo nel Buio' presso l'Istituto dei Ciechi di Milano, ci racconta e ci illustra questo percorso.
Come nasce ‘Dialogo nel Buio’?
'Dialogo nel Buio' nasce 29 anni fa, nel ’88 in Germania, dall’idea quasi casuale diAndreas Heinecke, un giornalista che ha voluto provare, dal punto di vista emozionale ed emotivo, l’esperienza dell’essere ciechi. Lui aveva un collega non vedente e questa circostanza l’ha intrigato a tal punto che si è inventato questo percorso. L’unicità della mostra è data dal fatto che si parla di buio tecnico, non del buio della notte, tant’è che quello riprodotto a ‘Dialogo’ lo ritrovi in natura soltanto nelle grotte, sotto terra o comunque nelle profondità e nelle viscere della montagna. Il buio che hai a casa non è lo stesso. In questi 29 anni la mostra si è brandizzata, per cui oggi è presente in 22 paesi nel mondo; si è standardizzata e c’è un format condiviso a livello mondiale, dall’Europa all’America, dall’Africa all’Asia. Oltre dieci milioni di persone hanno visitato ‘Dialogo nel Buio’, quindi dall’Occidente all’Oriente, e oltre diecimila guide, quindi ciechi, sono stati coinvolti a vario titolo e per vario tempo in questo di esperienza.
Quali sono i requisiti per essere guida di ‘Dialogo nel Buio’?
'Dialogo nel Buio' è comunque un rapporto che tu hai con i ciechi. Dico questo perché molto spesso si pensa che i ciechi fanno la guida solo perché nella vita non potrebbero fare altro. No, sono lì per svariate ragioni e i motivi che ti spingono a fare questo tipo di attività sono diversi e tutti legittimi. Diecimila persone hanno fatto questo tipo di esperienza. Non basta essere cieco per fare la guida a ‘Dialogo’. Devi avere capacità e abilità nelle relazioni sociali e devi essere padrone delle situazioni.
Qual è il messaggio di ‘Dialogo nel Buio’?
Fermo restando l’evoluzione naturale di 25 anni di storia, e anche il processo di globalizzazione e di localizzazione, l’idea di fondo che è rimasta, è che ‘Dialogo’ vuole mandare un messaggio di positività alla gente e all’opinione pubblica.
“NON VENITE A ‘DIALOGO NEL BUIO’ CON L’IDEA DI INCONTRARE DEI DISGRAZIATI, MA VENITE AD INCONTRARE DELLE PERSONE CHE, NONOSTANTE TUTTO, NELLA VITA SI PONGONO DEGLI OBIETTIVI, SOGNANO, MAGARI A COLORI, MAGARI NON TUTTI A COLORI, CHE HANNO DEI DESIDERI E HANNO UN POTENZIALE DI ENERGIA.
NON SONO DEGLI ASSISTITI, POSSONO ANCHE DARE”.
In questo tipo di messaggio ci sono anche altre derivazioni e declinazioni. I pregiudizi e le domande fanno parte dell’humus di ‘Dialogo’, e consente all’opinione pubblica di mettere in discussione le credenze, che per altro oggi sono molte diffuse, limitanti all’altro rispetto la diversità e la disabilità, e quindi di sradicare e rimuovere quei pregiudizi che hanno delle radici sbagliate. Ovviamente le persone che aiutano a svincolare il messaggio di ‘Dialogo nel Buio’, devono essere delle persone equilibrate dal punto di vista emotivo, perché altrimenti non riesci a diffonderlo.
A chi è rivolto questo percorso?
Noi diciamo sempre che questa esperienza è alla portata di chi la vuole fare. Non ci sono controindicazioni se non quelle di ordine fisico, nel senso che se uno soffre di claustrofobia o di ansia, al di là del determinare se è una patologia. Nel momento in cui abbiamo delle persone che hanno delle reticenze e delle remore, quello è il momento in cui è giusto mettersi alla prova. L’esperienza la si rivolge a tutti, dai bambini dai 6-7 anni fino ai 70-75. Non ci sono controindicazioni e non ci sono precauzioni. Noi aiutiamo tutti quelli che hanno delle incertezze, non sforziamo e non obblighiamo nessuno. Lo proponiamo e ti prendiamo per mano. Ci sono guide che lavorano da tanti anni e hanno esperienza, per cui c’è una gestione attenta del visitatore.
Qual è l’obiettivo di ‘Dialogo nel Buio’?
L’obiettivo di ‘Dialogo’ è quello di mettere al centro il visitatore. La persona viene considerata per quello che è e per quello che sono le sue esigenze e i suoi bisogni.
Com’è organizzato il percorso di ‘Dialogo nel Buio’?
'Dialogo ne buio’ funziona a turni di otto persone per gruppo, nel quale possono esserci diversità di età, di culture, di bagagli, di sensibilità e di approcci diversi al buio. Nel gruppo puoi avere due persone che vogliono divertirsi, correre e muoversi, due persone che vorrebbero cantare e far casino, e altre due che vogliono stare in silenzio, perché il buio, comunque, può essere un momento che induce alla riflessione. Come guida devi essere capace, e questa è un’abilità che noi richiediamo, di individuare in poco tempo, nel gruppo che ti viene affidato perché tu sei responsabile di tutte le otto persone, di entrare nel singolo e di riconoscerne le esigenze, che tante volte sono diametralmente opposte, e di cercare, per quel che ti è possibile in quell’ora, di soddisfarle. Questo è un tentativo di rispondere a tutte le esigenze.
Con ‘Dialogo nel Buio’ si riesce a sensibilizzare la gente sulle difficoltà di un non vedente?
E’ un tentativo. E’ chiaro che l’auspicio è che il dialogo rimanga o prosegua dopo il percorso. La mostra è per quello che è. Io incontro il visitatore, ci scambiamo idee e impressioni, rispondo alle domande e dopo l’ora e un quarto ci si saluta. L’obbiettivo è quello di creare quanto meno dei dubbi e mettere in discussione quelle che sono le convinzioni della persona. Tutti noi non vedenti cerchiamo di muoverci e di avere una propria autonomia. Chi lo fa in un modo, chi nell’altro. Questo è il compito che ha la guida. Non è tanto come io mi muovo o come io vivo, ma come vivo io all’interno di una 'categoria', quindi ti porto alla conoscenza di una totalità di questo mondo, sapendo che io faccio una cosa in un certo modo, e un altro la fa in un altro modo ancora. In questa maniera racconto alla gente chi siamo. Se è questa la sensibilizzazione, lo facciamo. Se intendi far cambiare idea alle persone, questo non lo so perché poi dipende dai ritorni. Certo noi abbiamo dei feedback, che sono positivi perché abbiamo un libro-firme e la gente lascia anche delle opinioni e dei commenti. Fermo restando che ognuno pone delle domande diverse. Poi c’è la rete, anche grazie al tuo servizio e alla tua attività. Io sono un profondo sostenitore della comunicazione telematica, dal portale, a Facebook, a Twitter e ai blog. Questo è uno strumento che ti consente di capire anche la gente. Noi abbiamo dei ritorni, e se la gente torna vuol dire che è contenta e che gli piace. Di fatto crei una sorta di movimento dove le persone lasciano la propria impressione che è molto incoraggiante.
Come si sviluppa il percorso di ‘Dialogo nel buio’?
'Dialogo nel buio’ è conoscere e riscoprire una realtà che comunque è familiare, con persone che conosci o non conosci, e ti affidi per quel tempo ad una guida che non vede, che ti accompagna, ti orienta, ti aiuta e ti facilità l’approccio alla realtà attraverso gli altri sensi. , che vai ad esplorare e a scoprire in un modo diverso. E’ un altro modo di vedere e un altro modo di osservazione. Facciamo altre attività che sono più conviviali se vuoi. Ad esempio l’aperitivo al termine del percorso, dove c’è il piano bar, e dove il buio è, dal nostro punto di vista, non un elemento che isola e che imprigiona la persona in se stessa, ma è un elemento di aggregazione contrariamente a quello che si può pensare, perché nel buio o parli con la gente oppure non ci sei, non esisti, perché tu non la vedi. A volte nelle tavolate, non incrociando gli sguardi, può esserci un problema di relazione e di fare gruppo. Quindi è molto importante questo tipo di esercizio. C’è chi dice “NON C’E’ BUIO SE C’E’ DIALOGO”. E questo è estremamente importante. Il bar come buio, come elemento di aggregazione e che rinforza la comunicazione verbale, la parola. Tu sai benissimo che oggi la comunicazione è basata sulla vista. Comunicare al buio non significa solo spegnere la luce, ma anche via mail, via web, tu ti trovi a parlare con persone che non guardi in faccia. E come gli comunichi?
Da un punto di vista sensoriale, qual è la parte più interessante di ‘Dialogo nel buio’?
Le persone si mettono alla prova, quindi non è soltanto l’incontro con il cieco, ma è anche una riscoperta di se. Secondo me è la parte più interessane di ‘Dialogo nel buio’. Mi viene da dire che dialogo è un servizio alla società, nel senso che io ti insegno, intanto a gestire il tuo livello emotivo, e quindi a riconoscere e controllare i tuoi stati d’animo, a riconoscere le tue sensazioni emotive. Se tu hai ansia e paure, la tua paura dipende da come la tua mente ragiona e non tanto da un fattore o da un elemento esterno. E poi con questa esperienza tu hai la possibilità di scoprire dentro di te altre risorse, altre capacità. Si dice molto spesso che 'i vedenti hanno le mani con le dita cieche',’proprio perché voi, al buio, non siete abituati ad usare le mani. Da questo punto di vista è un’esperienza sensoriale molto molto importante. Bisogna imparare ad ascoltarsi.
Dialogo nel Buio
sul web www.dialogonelbuio.org
su Facebook Dialogo nel Buio
su Twitter @dialogonelbuio

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