Lo scorso fine settimana siamo andati a seguire la partita di campionato Milan - Sampdoria. A San Siro, tra i tifosi e i diversi giornalisti. Racconti da stadio.
Ore 12.05 circa... siamo dentro. Sugli spalti quasi tutti i tifosi hanno già preso posto: i primi cori, qualche sfottò e le solite immancabili discussioni pre partita “Speriamo che faccia giocare questo o quel giocatore”; “Secondo me dovrebbe inserire lui in attacco”. “Il problema è la difesa”. “No, il centrocampo, manca un vero regista”. Ognuno dice la sua, perché si sà mai come quando di mezzo c’è il calcio diventiamo un po’ tutti allenatori (e fose è proprio questa una delle cose belle del mondo del pallone). Si va avanti, insomma, così per diversi minuti e molto probabilmente si sarebbe continuato anche oltre, ma ormai il fischio d’inizio è vicino. E, infatti, eccole le squadre. Eccoli i calciatori: uno ad uno scendono sul terreno di gioco, da una parte i padroni di casa del Milan in maglia rossonera, dall’altra la Sampdoria con la divisa bianca. Le strette di mano, i saluti, la concentrazione sui volti, le ultime indicazioni... poi, pronti via, si comincia. La sfida, a dire il vero, non regala grosse emozioni e dalle tribune, allora, si levano i primi borbottii: “Nooo!”. “Ma come si fa a sbagliare un passaggio simile?”. “Dai, mettila in fascia; non lo vedi che è là libero”. “Cambia! Cambia!”.