SOS: la lingua italiana rischia di... perdere i pezzi! L'edizione 2010 dello storico dizionario Zingarelli, infatti, denuncia un progressivo impoverimento della lingua dovuto al disuso di alcuni termini, come "uscio", "abominio" o "appropinquarsi". Intendiamoci, probabilmente una buona quota di italiani capisce ancora il sigificato di queste parole, ma difficilmente le usa nella vita quotidiana: nessuno dice più "Mi sono destato tardi" o "Questa brioche è davvero fragrante". Via libera invece a termini come "tronista" o "velina", questi sì che li capiscono tutti! D'altronde che la lingua cambia se n'era già accorto Nicola Zingarelli, che dà il suo nome al dizionario e che ne curò ben quattro edizioni, dal 1922 al 1935; lui paragonò la rapidità di evoluzione del linguaggio alle innovazioni tecnologiche approntate rapidamente per la guerra: "Il Vocabolario a distanza di pochi anni mi pareva invecchiato; e bisognava dunque rifarlo in parte, oltre che ricorreggerlo". Il vero problema è che le parole genuinamente italiane tendono a scomparire, in favore di neologismi e prestiti dalle altre lingue; inoltre, è stato registrato che si tende a esprimere molti concetti con poche parole che si ripetono, come nel caso dell'imperante termine "cosa". E allora: non fermiamo l'avvento della modernità, ma non dimentichiamoci neanche il glorioso passato della lingua di Dante e Manzoni.