La storia di Raymond, un ragazzino gitano nelle spire mortali dell’Olocausto. Uno spaccato storico, un racconto autobiografico dello scrittore Raymond Gurème.
'Il piccolo acrobata' è un racconto autobiografico dello scrittore Raymond Gurème. Un libro che tratta di uno spaccato storico dai tratti aberranti, ma che purtoppo è parte integrante delle pagine dell’umanità. Dell’Olocausto non fecero parte soltanto gli Ebrei, ma anche gli zingari e il loro, non fu certo meno cruento e incomprensibile rispetto a quello ebraico. Ogni volta, guardando verso il raccapricciante frangente storico della seconda guerra mondiale ci si chiede come tutti quegli innocenti perseguitati abbiamo trovato la forza di affrontare un destino cotanto arduo, ingiusto e terribile. La risposte potrebbero essere molte ma quella più plausibile è solo una parola, un termine che in grado di spostare le montagne, di infrangere ogni scellerato pensiero: la libertà. La via di fuga all’oppressione non è la guerra e checché si dica a riguardo, non potrà mai essere la guerra un rimedio, ma un’esca per altra inutile ira. La vera forza è lo spirito indomito, che molti deportati ebrei e zingari, proprio come Raymond, hanno avuto nel sangue sin dall’inizio e forse è stato proprio questo l’antidoto che ha portato queste vittime innocenti a non arrendersi mai e a cercare sempre e comunque la difficile via della libertà. Ebbene, questo è il fulcro attorno al quale ruota tutto questo racconto autobiografico, l’estenuante ricerca della libertà. E’ la storia di Raymond, figlio di una famiglia di gitani francesi e destinato a seguire la tradizione circense lavorando come acrobata. La folla, agli spettacoli lo acclamava, sarebbe diventato un indiscusso talento nel circo. Arriva il 1940, la vita del piccolo Raymond muta in un istante. Lo stato francese inserì Raymond e la sua famiglia nella categoria ‘’nomadi’’ costretti inizialmente a domicilio coatto e infine internati camp di sterminio. Poco dopo questa decisione dell’Amministrazione francese, ai nomadi vennero applicate le direttive recepite dalla Germania sulla persecuzione e l’internamento degli ‘zingari’. A partire quindi dal 1940, sotto la repubblica di Vichy di stampo collaborazionista quindi stato-satellite del Terzo Reich, ma anche dopo la liberazione, sino al 1946, agli zingari venne vietata la libertà, le esibizioni, la strada, quindi la loro stessa esistenza. Dopo settant’anni esatti, Raymond ha deciso di raccontare la sua triste storia alle generazioni future partendo dalla concezione per cui ancora oggi le discriminazioni razziali non sono scomparse, quasi come se la mentalità si fosse fermata e stesse affogando in una ridicola fossa della vanità. Sono storie che fanno riflettere profondamente sull’abietta presunzione, indomita arroganza e inaudita scelleratezza di cui talvolta l’uomo è capace, sul diritto inesistente che porta una persona a ritenersi così perfetta da poter dire che gli altri non lo siano, a poter negare la vita stessa per la solo colpa di esistere.