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Caldo: gli ulivi 'scalano' le Alpi

E’ sulle Alpi, in provincia di Sondrio, oltre il 46esimo parallelo, l’ultima frontiera nord dell’olio d’oliva italiano. Negli ultimi dieci anni – spiega la Coldiretti Lombardia – la coltivazione dell’ulivo sui costoni più soleggiati della montagna valtellinese è passata da zero a circa diecimila piante, su quasi 30 mila metri quadrati di terreno.
“Quando ho iniziato, gli altri mi davano del pazzo, adesso mi chiedono consigli” racconta Carlo Baruffi, 71 anni, pioniere degli uliveti valtellinesi che una dozzina di anni nel comune di Poggiridenti (un nome che pare un destino, ndr.), a 564 metri sul livello del mare, su una parte di vigneto, decise di provare la pianta simbolo del Mediterraneo. “Ho iniziato con una cinquantina di esemplati arrivati dal Garda, mentre adesso ne ho 360 da tutta l’Italia, comprese le taggiasche della Liguria – racconta – produco un olio di alta qualità che poi regalo agli amici quando vengono ad aiutarmi nella raccolta. Io li ho messi perché alla mia età mi piaceva l’idea di riuscire a vederli grandi. Ma se uno dovesse fare solo questo non basterebbe per vivere. Diciamo che vanno bene per diversificare le coltivazioni”.
La nuova frontiera alpina dell’olio è monitorata dai tecnici della Coldiretti, che sempre più spesso si sentono chiedere dagli agricoltori di inserire nel proprio fascicolo aziendale i terreni a uliveto. “La capacità dell’agricoltura è sempre stata quella di trovare l’innovazione nella tradizione, cercando di ottenere il meglio dai mutamenti economici e climatici. Gli uliveti di montagna rappresentano un aspetto di questa sfida. L’Expo servirà anche a raccontare la terra che cambia e come l’uomo cerca di adattarsi” spiegano Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti Lombardia e Alberto Marsetti Presidente di Coldiretti Sondrio.
“In collaborazione con il CNR di Cosenza stiamo cercando di capire quali siano le varietà più adatte alle nostre zone – spiega Ivano Fojanini, tecnico dell’omonima Fondazione valtellinese – con una sperimentazione in particolare su piante istriane e marchigiane. Il riscaldamento globale ma anche lo specifico microclima che c’è nelle nostre zone ci aiuta nella coltivazione, con una produzione di alta qualità a rese costanti”.
Intanto il 2014 si è classificato in Italia come il più caldo della storia, da quando sono iniziati i rilevamenti climatici nel 1880. Nell’anno appena trascorso - sottolinea la Coldiretti - si è registrata una temperatura superiore di 1,45 gradi rispetto alla media. La conferma della tendenza al surriscaldamento, anche in Italia, viene dal fatto che i 10 anni più caldi dal 1800 ad oggi, ben nove sono successivi, al 2000. Dopo il 2014 - conclude la Coldiretti - c’è il 2003 (+1.37°C), 2007 (+1.33), 2012 (+1.31), 2001 (+1.29), poi il 1994 (+1.11), 2009 (+1.01), 2011 (+0.98), 2000 (+0.92), 2008 (+0.89).

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