Nell’omelia Scola ha mostrato che “nella convivenza sociale, la grande alternativa di fronte alla quale ogni giorno uomini e popoli sono chiamati a giocarsi è chiara: trattarsi da estranei e nemici gli uni degli altri – ciò che inevitabilmente porterà al conflitto padrone/schiavo e alla guerra – o riconoscersi fratelli perché figli di uno stesso Padre”.
A proposito di pace, il cardinale Scola ha ricordato il pellegrinaggio appena concluso in Terra santa: “Visitando in questi giorni i siti calcati da Gesù ed ascoltando le voci, ferite ma pacate, dei nostri fratelli cristiani, ho potuto percepire la gravità estrema della situazione dovuta al venir meno della fratellanza tra i popoli che lì vivono. Il Patriarca latino ha parlato a proposito della sua Chiesa di Chiesa del Calvario. Il Custode di Terra Santa ha mostrato come lo stesso conflitto israeliano-palestinese rischi di involvere ulteriormente perché i conflitti hanno ormai coinvolto tutto il vicino e medio Oriente. “Non si vedono soluzioni” ci hanno detto. Ma hanno aggiunto con fede mirabile: “né morti (Siria, Iraq), né sfollati, né esuli, né emigrati, hanno ucciso la nostra speranza. Umanamente abbiamo paura e siamo stanchi, ma la fede ci consente di superare paura e stanchezza”.
Per il cardinale Scola è necessario un impegno comune: “Molti i compiti da assumere a partire da quello di un impegno personale di preghiera e di aiuto. Imprescindibile resta quello della costruzione della pace come impegno di tutti, in particolare di governi, popoli e nazioni.
Su queste basi è però necessario che uomini, popoli e istituzioni si mettano all’opera per la costruzione di un “nuovo ordine mondiale” col coraggio di rinnovare in profondità gli organismi internazionali già esistenti o di creare di nuovi. Sono necessari attori permanenti di pace e di giustizia e, soprattutto, di educazione alla vita buona che svuoti dall’interno il delirio della violenza terroristica e faccia della cultura di pace il terreno su cui possa fiorire l’autentico sviluppo di tutti i popoli”.