Con Jelmini alcune istantanee di lavoro inverunese.
Lo sguardo intenso, fiero o più pudico, abbassato, le rughe, i sorrisi aperti o appena accennati, le mani, le pose. Quale racconto cela un ritratto e in questo caso un ritratto fotografico. ‘A Invrugn ogni ufeleè al fa ul so mistè’, una frase in dialetto a significare che ogni artigiano, nel paese di Inveruno, fa il suo mestiere. Un fare in cui entra la vita, una vita che si svela in profondità nelle 47 bellissime fotografie della mostra, presso la Sala Virga di Largo Pertini (visitabile negli orari di apertura della Biblioteca fino al 30 novembre), realizzate dall’eccezionale fotografo, reporter, documentarista, Fabrizio Jelmini, con il contributo grafico della relativa monografia di Valentina dell’Acqua. Un progetto voluto fortemente da Stefano Vergani, lui stesso inverunese, per onorare i suoi concittadini, testimoni dei mestieri e delle attività commerciali che sono la memoria di Inveruno. Ognuno di essi racconta, attraverso gli scatti di Jelmini che si fa loro interprete e complice catturando le singole storie attraverso il suo obiettivo, quella che gli è propria. Immortalati sul luogo di lavoro, le mani sporche di grasso del meccanico o leggere a sfiorare l’abito della nuova collezione autunno/inverno, le fotografie ci catapultano all’interno di negozi e attività, all’interno di storie, di vite. Veri artigiani della propria esistenza, raccontano di una moltitudine di ore, e giorni, e mesi, trascorsi a svolgere correttamente il proprio lavoro, con quel senso del dovere tipico delle persone colme di rettitudine, ma racconta anche la fatica, la dignità, e soprattutto la passione per il proprio mestiere e per il proprio paese, nel quale si vive e si lavora, Inveruno. All’’ingresso della mostra, un cartello, come corollario, esemplifica il potere della fotografia: “Un ritratto non è una somiglianza. Il momento in cui un’emozione o un fatto viene trasformato in una fotografia non è più un fatto ma un’opinione. In una fotografia non esistono cose come l’imprecisione. Tutte le fotografie sono esatte. Nessuna di esse è la verità. (Richard Avedon)”.