Jeans, t-shirt a 'v' con il collo slabbrato, stivali texani di pelle... Per il rocker di Correggio passano gli anni (54 quest'anno), ma, capelli lunghi o corti che siano, il fascino resta immutato. Luciano Ligabue, giovedì 5 giugno, si è raccontato in un incontro moderato da Andrea Laffranchi, ad alcuni lettori di 'ViviMilano', in Sala Buzzati a Milano, sede del 'Corriere della Sera'. Alla vigilia dei due importanti concerti, tutti sold out, in programma allo stadio San Siro, tappe del suo 'Mondovisione Tour - Stadi 2014', non mostra tensioni, ma scherza e parla di sé, senza filtri. Risponde con ironia alle domande dei suoi fan, parla, senza risparmiarsi, di emozioni, passione, indignazione, dolore, rabbia e amore. L'emozione per lui è tutto, è fondamentale: qualcosa di fortissimo, che lo fa sentire vivo, che sperimenta sulla sua pelle con grande forza e cerca poi di restituirla indietro. Parla del suo primo 'San Siro', nel lontano 1997...un piccolo 'incidente' con la chitarra all'inizio, “ho suonato con il dito invece che con il plettro', il sangue che scivola, l'amico manager Maioli che, agitato, vorrebbe sospendere tutto. Un piccolo aneddoto, ma quella 'prima volta' nel tempio della musica rock milanese, tra così tanti fans, non si può dimenticare. “Ho iniziato ad esibirmi tardi, a 27 anni, e mi son subito detto: 'Io non voglio più scendere dal palco'”. La sua formazione è iniziata, sia per la letteratura sia per la musica, leggendo ed ascoltando gli autori elogiati maggiormente dalla critica. Poi, compreso l'errore, ha capito l'importanza del 'ciò che mi piace'. Come il cantautore Lucio Battisti, da lui particolarmente apprezzato. Dal pubblico gli fanno notare come sia un personaggio famoso e seguitissimo, soprattutto dai giovani. Una grande responsabilità essere esempio e modello per così tante persone. “Può essere gratificante per l'ego, ma c'è anche il rovescio della medaglia: per un certo periodo mi ero imposto di non scrivere canzoni sulla rabbia perché temevo di alimentare questo sentimento. Mi censuravo. E sbagliavo”. Con questo ultimo album 'Mondovisione' ammette invece di essersi sentito più libero, cercando di comunicare in toto quello che sentiva dentro. Un altro ragazzo: “Cosa avresti fatto nella vita, se non fossi diventato il 'Liga'?” “Non lo so, sono inquieto per natura, ho fatto il ragioniere, ho lavorato nei campi e come metalmeccanico. Probabilmente, se ne avessi avuto la possibilità (vista la terribile crisi), sarei stato un eccellente precario”. L'emozione di trovarsi a due, massimo tre metri, dal famoso cantante, è stemperata dal suo modo naturale di raccontarsi, dalle sue battute. Ieri il primo concerto a San Siro, oltre due ore di rock serrato e una scaletta di 26 brani tra hit e brani di 'Mondovisione', con 60.000 persone, dai 12 ai 50 anni, scatenate a ballare e cantare all'unisono battendo le mani a tempo di musica. Stasera si replica e Liga torna, per l'undicesima volta a San Siro, a liberare l'energia che sente, moltiplicandola in migliaia di cuori. “Quello che provo sul palco è il massimo del godimento che questo mestiere, per me, può offrire”. E 'certe notti' a San Siro diventano uno spettacolo davvero imperdibile.