Il G8 dell’Aquila è stato un evento particolarmente sentito in Italia, forse più per l’idea di ospitare nel nostro Paese i grandi della Terra, che per reale speranza di riforme economiche o sociali. Questo non toglie che gli occhi del mondo, per oltre tre giorni, sono stati puntati sull’Aquila, sulle macerie fisiche e morali degli abruzzesi (ma così mediaticamente intenso è stato il loro ‘Yes, we camp’, ‘Sì, noi siamo accampati). Le polemiche politiche, morali e sociali italiane sono state accantonate per alcuni giorni, un po’ tutti noi, pur a così grande distanza, avremmo voluto fare bella figura di fronte a più importanti capi di governo del mondo. Ed è proprio nei momenti più difficili che emerge il nostro sentimento italico in cui tutti noi ci immedesimiamo in un’unica causa, ribaltando i pronostici (facile, in questo caso, la metafora calcistica coi campionati del mondo del 2006). Roma, l’Aquila, il Governo, il cibo, l’ospitalità, il premier Berlusconi, l’accoglienza, l’arte storica: tutto paradossalmente è sembrato fin troppo bello ripensando alle nostre innumerevoli polemiche interne. Il risultato più grande, per il nostro Paese, è proprio questo: magari non meritiamo il ruolo tra gli 8 grandi (come dall’estero alcuni dicono e tanti pensano), ma la nostra cultura ed il nostro modo di fare sanno essere davvero inimitabili. Venendo più concretamente ai temi degli incontri, un primo grande successo è proprio per gli aquilani, che vedranno aiuti da ogni parte del mondo. Ma le risposte internazionali, che tanti speravano, sono arrivate: regole più etiche e rigorose per la finanza, ripresa del credito, rilancio dei negoziati di Doha sul commercio, impegno verso i paesi più poveri. Queste sono sicuramente le sfide globali che hanno ottenuto maggiori risultati dall’agenda politica del G8, poi allargato al G14. Tranne la Cina, che ha accolto parzialmente le direttive, buoni risultati anche per il clima: accordo sul limite di 2 gradi per l’aumento della temperatura, ma non sul taglio del 50% delle emissioni entro il 2050. Ora, come spesso accade, occorre sperare che tutte le tematiche discusse non rimangano lettera morta, ma divengano impegni concreti.